martedì 27 settembre 2016

Girls of Paradise e l'indignazione



In questo post, riporto una notizia uscita recentemente su Adweek, nasce in Francia il sito di  escort Girls of Paradise (ragazze del paradiso) un sito decisamente molto particolare.
Il sito infatti si presenta come un normale sito di prenotazione escort, con possibilità di chattare in live e anche di telefonare direttamente alle ragazze. Finchè il possibile cliente non contatta effettivamente le ragazze, tutto normale. Cambia però quando il cliente utilizza la chat o il telefono, a quel punto partono altri tipi di fotografie rispetto a quelle presenti, e il cliente scopre che effettivamente la ragazza scelta è morta sul lavoro ovvero come escort, a causa di un cliente violento.
Il sito è stato creato dall'associazione francese Mouvement du Nid che si occupa appunto di aiutare le donne che subiscono violenza e abusi nel giro della prostituzione.
La campagna è stata creata prendendo spunto dalla nota serie televisiva Walking dead che aveva ironicamente utilizzato Tindr per la promozione della nuova stagione, man mano che si chattava con una ragazza questa si trasformava in zombie (io lo trovo spassosissimo comunque). 
Tornando a Mouvement du Nid, al di là del forte impatto e del senso di indignazione che cerca di provocare, la campagna naturalmente resta in qualche modo sospesa dal fatto che non sappiamo se le persone che hanno cercato di contattare le ragazze vengano poi indirizzati verso una qualche forma di ascolto e rinforzo piuttosto che restare indignati e sicuramente scioccati ma probabilmente avere un periodo di allontanamento e poi ritorno. Perchè essere così pessimisti? Perchè purtroppo la violenza nel mondo della prostituzione non è un mistero o una notizia segreta e di casi ne sentiamo se non spesso almeno con una certa frequenza tale da dirci che è una situazione di norma e non un'eccezione rara al punto da essere fascinazione in film e telefilm che vediamo quotidianamente dentro le nostre case.
(a sinistra uno screenshot di True Detective, dove una prostituta di paese racconta e involontariamente mostra la frustrazione che abitualmente i suoi clienti sfogano sul suo corpo)
Eppure è detto il mestiere più antico del mondo, anche quando non si poteva esimersi dallo scegliere fisicamente una persona e magari ignorarne lividi e affini.
La campagna del sito Girls of Paradise ha di interessante, a parte lo shock emotivo di far eccitare i clienti per fargli scoprire che la ragazza per cui hanno un'erezione è morta, che ha ripreso l'idea del web come strumento trasformista che da barriera patinata e spersonalizzata di una realtà spesso edulcorata, diventa doppio specchio di una realtà più cruda e tutto sommato volutamente ignorata. Rompe in un certo senso la quarta parete e porta le ingiustizie e le cattiverie provocate dalle nostre scelte su un piano di immediata responsabilità. Un tentativo che associazioni no- profit e agenzie stanno cavalcando da tempo, basti pensare all'esperimento sociale con il distributore di t-shirt a basso costo (a questo link potete vederlo), il web e la tecnologia offrono attualmente la possibilità di interazioni complesse e gestibili, allo stesso tempo ci siamo così abituati ad usarle che qualsiasi messaggio diverso da quello che ci aspettiamo provoca effettivamente una reazione.
Ma le implicazioni su questo genere di campagne su cui vorrei soffermarmi sono un paio:
  1. La ripetitività, queste campagne sono ancora abbastanza di impatto perchè sono qualcosa di relativamente nuovo ma questo non dura per sempre, anzi, vista la velocità di propagazione mediatica attuale dura sempre di meno. Basti pensare alle tipiche immagini dei bambini dell'unicef se ci pensiamo bene non ci fanno praticamente più nessun effetto, anzi in realtà provocano nel nostro cervello effetti negativi e controproducenti rispetto alla percezione di qualsiasi persona di colore che possiamo poi vedere nella vita reale nonchè della causa stessa. Prima o poi in pratica, ci abitueremo anche a questi effetti sorpresa, in un insensibilizzazione di noi stessi ancora maggiore, e per insensibilizzazione intendo che vedremo una campagna, penseremo "un'altra" e con un po' di noia passeremo oltre.
  2. Indignazione che parolone, sì ci ho un po' fatto la rima ma perchè è un po' il leitmotiv del momento, c'era una volta il popolo di internet, si indignò, fine. L'indignazione è un sentimento molto sopravvalutato perchè è visivamente misurabile, (quindi alle agenzie di comunicazione fa molto molto comodo) lo vediamo dalle condivisioni (e sappiamo che è superficiale perchè funziona anche con notizie palesemente false che per "indignazione" vengono condivise senza approfondire), lo vediamo dai video, dalle foto, abbiamo insomma l'idea di quel momento in cui avviene lo shock e quindi la presa di distanza, la rabbia. Il punto è che se questo sentimento fosse affidabile il mondo occidentale, le nostre scelte d'acquisto, la prostituzione, tutto il mondo sarebbe nettamente diverso, il fatto è che in realtà l'indignazione è molto fugace se poi non viene sostenuta da un percorso, da un rinforzo di stimoli e da una realtà che ne sostenga la parte razionale, cioè il nostro cambiamento nei confronti di ciò che ci ha indignato. Gli uomini che hanno scelto le prostitute e poi sono rimasti scioccati pensiamo che non cercheranno più il piacere fisico di una persona pagandola? O magari tornerà il bisogno più forte dello shock e tutto sommato la normalità avrà la meglio? Semplicemente per quanto di impatto, queste campagne non hanno seguito, ha seguito l'associazione (che agisce sulle prostitute) ma non la campagna (che agisce sul cliente). Io ci vedo una falla importante soprattutto perchè come con le condivisioni si crea l'illusione dell'azione.
Detto ciò, la campagna è interessante e scioccantemente efficace per far restare molto male chi sta cercando una sveltina a pagamento con un corpo senza un'anima, un'occhiata la merita sicuramente e anche se ho scritto una critica è sicuramente un bel lavoro con una carica emotiva molto forte anche per chi non è in cerca di carne fresca ma vede solo il video.

lunedì 26 settembre 2016

Manuale di comunicazione - Il caso Lorenzin

E' difficile trovare ancora qualcosa da dire sulla Lorenzin.
Ma sappiamo tutti che se ne è uscita con un'altra perla di superficialità politica. La cosa sta andando così per le lunghe tra uno scivolone nel letame e l'altro da parte della politica che mi sembra sia ingiusto trattarlo caso per caso.
Ecco l'indice del nuovo "Manuale di comunicazione - il caso Lorenzin." aggiornato per le scuole.
1- PREMESSA
1.1 - Lo ius soli e la natalità in Italia
1.2 - Il contesto sociale in Italia: disoccupazione giovanile, costo della vita e servizi di supporto
2- IL SESSISMO
2.1 - L'invito alle nascite del periodo fascista
2.2 - L'orologio biologico, miti e cultura
2.3 - Libertà di scelta e ruolo della donna
2.4 - Omosessualità e diritto alla genitorialità
3- IL RAZZISMO
3.1 - La percezione dell'altro nel quotidiano
3.2 - Pregiudizi e stereotipi
4- IL LAVORO IN ITALIA
4.1 - I contratti in Italia
4.2 - Asili e servizi
4.3 - Le disparità lavorative
4.4 - Il lavoro creativo, luci e ombre su un mondo di sfrutttamento
4.5 - I turni e le domeniche lavorative
4.6 - Straordinari, questi sconosciuti
5 - SUPERFICIALITA'
5.1 - Perchè si parla di Casta? Uno sguardo alla distanza tra politici e civili
5.2 - La conoscenza della quotidianità degli italiani
5.3 - Supervisione e responsabilità di progetto, conoscere la competenza
5.4 - Informarsi e Avere interesse, come riconoscerlo nella politica
6 - CONCLUSIONI
7 - BIBLIOGRAFIA

Non scriverò un altro articolo sulla superficialità della politica perchè l'ho fatto al primo errore della Lorenzin (lo trovate qui) e vista la sequenza di eventi continuo a ritenerlo ancora valido.

Però alla Lorenzin vorrei dire che all'inizio si era indignati, poi si era divertiti e adesso però si è solo stanchi di tanta incompetenza e ignoranza che corona con molta faccia tosta e una richiesta di aiuto, gratis, si intende e così chiude il cerchio svilendo anche l'ultimo baluardo della questione, il lavoro, che sia un creativo o in realtà in questo caso, un consulente, normalmente andrebbe pagato ma già che stiamo favoriamo anche il concetto che è il lavoratore a doversi adattare, peccato non abbia concluso dicendo, però gli faremmo tanta pubblicità, sai i contatti.

Insomma una tripletta di insulti alle persone fuori dalla politica.

La mia espressione davanti alla sua faccia di bronzo comunque è quella della Gruber nell'ultimo fotogramma.
Una paresi che cerca di non piangere o ridere o uccidere.

venerdì 23 settembre 2016

Il pubblico e il privato nella guerra all'integrazione

Io sono figlia di cattolici, in parte di destra e di migrazione sud-italiana, cresciuta in un paesino a due passi dalla città ma sostanzialmente abbastanza autosufficiente da non averne bisogno.
Paesino che, alla don Camillo maniera aveva la chiesa e il centro sociale "comunista" delle vecchie guardie, ovviamente io ero della parrocchia (già.).
Anni in un posto così eppure ora sono agnostica (forse atea), femminista, antifascista, ecc...qui a parlare di temi che a mio padre farebbero drizzare i peli del braccio, che il mio parroco fosse ancora vivo sparlerebbe di me con tutto il paese, che poi andrebbe dai miei genitori a dire che sono uscita un po' male, poi loro probabilmente valuterebbero la cosa perchè non sono stupidi.
Essì perchè ignoranza e stupidità sono ancora due concetti divisi.

Questo preambolo per dire che oltre a me tanta gente non nasce nel posto con le condizioni di apertura mentale  e super stimoli migliori ne la famiglia più aperta del mondo, a volte anche a causa di culture che non sono nemmeno del posto ma questo non significa che non cambierà idea sulle cose anche più volte nella vita.

Quando ho letto delle leggi sull'eliminazione del burkini in spiaggia in francia, (sì sì è notizia vecchia ma il concetto che vorrei affrontare è più generale) ho pensato che fosse un'accanimento pesante, che in fondo a me che una si vesta da capo a piedi in spiaggia non cambia affatto la vita, al massimo mi incuriosisce e forse se capita l'occasione mi verrebbe voglia di conoscerla per capirla meglio. Certo si parla di una questione che la Francia ha molto a cuore cioè la laicizzazione del pubblico in questo universo idealistico Hobbesiano nettamente diviso tra privato e pubblico, come se la nostra spiritualià, il nostro pensiero o le conseguenze delle nostre azioni domestiche (vedi la violenza domestica) dovesse magicamente adombrarsi e annullarsi fuori di casa.
E ho pensato come tanti, che alla fine parlare di laicizzazione dell'abbigliamento può essere una violenza nel momento in cui l'abbigliamento è parte della stessa spiritualità della persona, ne rappresenta qualcosa di inscindibile.
Nell'islam come spesso succede nelle religioni monoteiste, la donna è in particolare oggetto di un abbigliamento specifico che tenta di coprirla, è una limitazione? Sì. Dovremmo proibirla in quanto stato laico? No.
Innanzitutto perchè in modo molto semplice e utilitaristico una forzatura del genere crea un divario ancora più marcato tra le due culture, islamica e occidentale, sappiamo che l'ISIS stesso campa di questa fantastica frattura che in particolare investe la seconda generazione di migranti, vedi i figli delle banlieues.


Che c'entra? Bè c'entra eccome. La prima generazione sconvolge se stessa con un obiettivo molto forte, che è quello di sopravvivere o di vivere meglio, ha ben chiare le proprie radici, ha ben chiari i motivi per i quali andarsene, per i quali lo sforzo di restare in un posto diverso e anche non accogliente è giusto e il proprio termine di paragone, il prima della migrazione, rende il posto di arrivo comunque un'alternativa migliore anche se a noi, che come termine di paragone abbiamo spesso qualcosa di più agiato, non sembra affatto possibile.
La seconda generazione però, cresce qui, il suo paragone sono i suoi coetanei, occidentali e non, hanno tutt'altro livello di stimoli, aspettative, e una cultura confusa che prende parte da quella occidentale e parte da quella islamica.
Persone giovani, che crescono senza un buon tessuto sociale di integrazione nella nuova cultura, rimangono sacche isolate che si attaccano l'un l'altro confermandosi reciprocamente dubbi e concetti anche vecchi, senza rielaborarli in quanto propri e identitari, attaccandosi a un ideale di origine che non gli appartiene mai del tutto ma che almeno possono immaginarsi più aderente a sè che non quello che palesemente li sta rifiutando, la classica nostalgia delle epoche mai vissute (vedi i simpatizzanti del fascismo moderni). Banalmente, è facile poi riunirsi tra chi la pensa così piuttosto che tra chi non può capire, e l'integrazione si  chiude, si fa frustrazione, faida e rottura con la società di arrivo, è una Stasis che non vogliamo vedere perchè i responsabili del tumulto ci sembrano esterni ma non lo sono più, solo sono rimasti a metà nel processo che avrebbe dovuto metterli in conversazione, diversità accluse, con quello che era il mondo circostante, economicamente uguale e non.
Se a questo aggiungiamo un'imposizione dall'alto che tutto sommato non servirebbe nemmeno, la frustrazione, la rottura, si trasforma in odio, in arroccamento alle proprie tradizioni e origini che, una volta martirizzate dallo stato per di più in modo gerarchico, non verranno più messe in discussione se non addirittura estremizzate.

Torniamo al burkini, che non solo è spesso scelto in quanto parte della cultura di chi è di fede islamica, ma è anche un modo per le donne immigrate e fedeli alla propria religione di poter uscire di casa senza un controllo maschile, con il burkini puoi andare in spiaggia, senza no.

Ok, quindi cosa raggiungiamo eliminandolo? Che le donne che normalmente ci andavano in burkini, semplicemente in spiaggia non ci andranno più. E la colpa sarà di chi glielo ha direttamente impedito che è il passaggio più ovvio e più facile. Il rancore di chi si sente spogliato di quel poco di sè che gli resta di intimo e proprio (a cui ci si aggrapperebbe anche se fosse sbagliato una volta che "lo straniero" ti impone di eliminarlo) e la clausura di chi non ha ancora la cultura o il confronto o la forza o l'autodeterminazione di se per farne a meno e svolgere una vita quotidiana senza troppe limitazioni, poi vai a beccarle quelle anime silenziose rinchiuse nel privato di casa, vai a integrarlo un popolo che in parte nemmeno vedi più e che non dialoga più con il resto della società, cresce così i suoi figli nel rancore e nell'isolamento e quel popolo è in realtà la società stessa, una sua parte come minimo.

Se io sono cambiata, tanti di voi lo sono, se tanti cambieranno è perchè hanno avuto la possibilità di raggiungere degli stimoli, dei punti di vista diversi dai propri, delle persone che hanno portato un esempio positivo, una conversazione valida, attraverso spunti, dialoghi, persone. L'integrazione nasce dal dialogo, dal ridurre il divario sociale (non me la prenderò mai abbastanza con cose oscene come il progetto del quartiere Navile a Bologna, che va contro ogni logica costruendo palazzi di lusso nel pieno di un quartiere multietnico e sicuramente non tra i più ricchi della città come uno schiaffo in faccia e un muro tra chi può e chi no) e favorire le realtà che producono conversazione, discussione e dubbi su cosa è giusto per l'essere umano, per se stessi e cosa è imposto.

Date alle donne, ai ragazzi, agli uomini, gli strumenti per conversare, per interagire e per valutare quello che possono essere, se non lo fate per loro o per chi ci vive a tu per tu, fatelo per voi stessi che non volete altro odio e potreste scoprire qualcuno di nuovo.
L'odio non nasce da solo, non è qualcosa di intrinseco in certi esseri umani, è solo il visibile di un processo, creato da persone che possono anche non arrivare a quelle conclusioni.
Lo stato, il pubblico, crei le migliori condizioni per favorire i processi positivi e molto più difficilmente avrà bisogno di imporre qualcosa di così stupido.

mercoledì 21 settembre 2016

C'erano una volta un nero, un rumeno e un'islamica

Quando dico un nero, un uomo di colore, un rumeno o un'islamica, sto descrivendo una persona di cui sto specificando la non appartenenza a ciò che corrisponde ai miei simili e al mio sistema di valori, credenze su me stesso e chi mi sta vicino o ciò in cui mi identifico. 
Questo è il linguaggio giornalistico a cui siamo abituati e ci sembra una cosa perfettamente normale, del resto in questo modo ci facciamo subito un'idea di chi è la persona di cui si sta parlando rispetto a ciò che ci interessa come elemento primario, ovvero se era parte della mia comunità, una minaccia interna o esterna. Nel caso di interna, la considererò più probabilmente come l'atto che è e farò alcuni collegamenti che riguarderanno quante di quelle notizie ho sentito riferite alla zona, se è un pericolo per me o se semplicemente è un fenomeno isolato, in quanto non posso ovviamente fare dell'erba un fascio di ciò che tutto sommato sono anch'io. Nel caso invece fosse una minaccia da ciò che considero esterno a me, la mia comunità e i miei valori tenderò a creare nel mio cervello una stima di quante notizie percepisco relative a quella "categoria" e mi farò un'idea complessiva di quella categoria sulla base di questo, di tutta la categoria, perchè il mio cervello sintetizzerà per definire l'estraneo nel modo a me più utile possibile, per la mia sopravvivenza piuttosto che per avere una preparazione rispetto a ciò che non conosco. Per stabilire chi è definirò se era un bambino, era bianco, era cristiano, era occidentale (che è abbastanza intercambiabile con il tipo di religione), era italiano, era un uomo invece di una donna, era bella o no.


Tendenzialmente queste sono le cerchie di vicinanza principali del nostro sistema giornalistico per definire quello che ci è vicino e quindi quello per cui ci importa di più. Quella delle cerchie è un sistema biologico ovvero è normale che ci importi di più anche se non vorremmo ammetterlo, di qualcosa che concepiamo come simile o vicino a noi, questo perchè il nostro cervello in effetti non è fatto per concepire l'intero globo umano come vicino, altrimenti probabilmente avrebbe dei discreti disturbi, soprattutto in un'epoca in cui sappiamo di tragedie ogni giorno avvenute in ogni parte del mondo. Questo nostro sistema esiste per gli umani e poi si estende al mondo animale, ovvero abbiamo più empatia per i mammiferi che non per gli insetti.

Questo significa in pratica che è normale non sentirsi male o coinvolti allo stesso modo se una tragedia è avvenuta in Africa o in Germania, percepiamo il pericolo e il dramma in modo diverso, ciò che percepiamo come vicino geograficamente, umanamente ci colpisce di più, e sì non è bello, ma è normale a livello istintivo e possiamo ammetterlo con noi stessi e andare avanti cercando di ragionarci.
Allo stesso modo è comune che quando c'è una crisi o un pericolo tendiamo a chiudere il cerchio a ciò che sentiamo vicino e i nostri confini di familiarità si restringono.
Questo però diventa anche sintomatico del nostro modo di percepire anche persone che effettivamente vivono con noi o fanno parte del nostro sistema culturale, e di come non cambiamo il nostro atteggiamento istintivo e questo è evidente da come categorizziamo anche attraverso il sistema dei media che dovrebbe in qualche modo essere in grado di abbattere i nostri modi istintivi di ragionare con la competenza, il ragionamento e il linguaggio, mentre in realtà nei media (italiani) ancora di più si vede quanto in effetti si distanzino da noi gli esseri umani che percepiamo diversi incasellandoli in categorie specifiche anche quando non sarebbe necessario.


Questo lo ammetto è un esempio molto eclatante, è il Giornale quindi insomma sappiamo che è particolarmente di parte, ma centra il punto, e ci permette di vedere diverse strategie manipolatorie per creare un'opinione specifica, vediamo quali:
1- la foto usata è di persone non solo in Niqab ma con un atteggiamento complottistico, si parlano molto vicino come se stessero cospirando e guardano altrove come se stessero parlando di qualcosa fuori da loro di cui non devono farsi sentire, domina il nero a tutta foto
2- l'ovvia definizione de "l'islamica" che vi anticipo ricorre in tutto l'articolo insieme a musulmana, la persona coinvolta, di cui non sappiamo il nome viene poi chiamata donna solo in coda all'articolo
3- il "Ma" tra l'altro in maiuscolo inspiegabilmente (!!!) per definire un punto di rottura inaspettato che ha portato a conclusioni che sorprendono rispetto a come si suppone dovesse andare
4- il contesto, ho voluto tenere tutto perchè mi sembra emblematico inserire qualsiasi articolo che parli di altre religioni in un giornale dove intestazione e fascia laterale sono dedicati a inchieste che titolano "Cristiani sotto tiro" (aaargh)

Non è nello screenshot ma la notizia indica sostanzialmente che una donna in Niquab si presenta in ospedale per un prelievo e principalmente gli anziani si spaventano a morte e iniziano ad aggredirla, gli operatori ospedalieri ovviamente fermano il linciaggio ma secondo il Giornale hanno la colpa di non rispettare la legge e non spogliare la donna del Niquab. 

Umanamente, immaginatevi di trovarvi a difendere una persona in un ospedale perchè aggredita da una piccola folla, se trovereste normale anche obbligarla a spogliarla piuttosto che levarla dalla folla, calmarla, verificarne i documenti e spiegarle che alla prossima non sarebbe il caso di venire in Niquab in ospedale perchè per la legge italiana la cosa non è possibile.

Ora, va ricordato che il Giornale viene letto, cioè non è solo un momento di discussione folkloristica e io non vorrei essere nei panni di chi legge perchè dev'essere una fatica incredibile essere così terrorizzati da tutto ciò che ci sembra diverso in un'epoca di migrazioni.
Ah comunque questo è il link, la notizia è di oggi. 


Nel momento in cui si descrive un altro essere umano come:
"Un nero"
"Un'islamica"
"Un rumeno"
noi altro non stiamo facendo che ridurre il più possibile la persona descritta a ciò che la distanzia da noi, a ciò che ci permette di incasellarla in una categoria di distinzione da noi, si può obiettare che è un modo per sintetizzare ma in realtà si sta usando un doppio standard, noi stiamo precisando che non è uno di noi, non avremmo semplicemente bisogno di dire che è bianco in una notizia dove un bianco cristiano viene ucciso dalla polizia, o ruba in una  tabaccheria, non è necessario, ma un senegalese o un rumeno dobbiamo rimarcarlo, specificarlo, ed è una sorta di allerta involontario, e attenzione perchè nel caso della notizia ormai tristemente usuale della violenza della polizia americana contro chi è fisicamente afroamericano stiamo anche spostando un po' l'attenzione dal problema.

Non è che sia stato ucciso un nero, ma è stato ucciso un uomo e non si sa o già si sa che la sua morte è dovuta al fatto che fosse afroamericano e c'è una parola per questo cioè razzismo, che in un clima di politically correct si ha quasi paura a dire, forse perchè vogliamo illuderci che non esista più, che il momento del razzismo non ci appartiene, noi siamo la generazione occidentale buona quella con le canzoni come New Day di Wyclef Jean feat. Bono, non come quei tizi ignoranti degli anni '50 (e non solo ma lo identifichiamo in quel periodo come se fosse una scatola chiusa con usi e costumi definiti e lontani) in America.



Ma in realtà forse dovremmo ammettere che siamo umani e nemmeno storicamente tanto lontani dai nostri antenati inopportuni, ammettere le nostre falle invece di chiuderci nel perbenismo, questo vale per il razzismo, l'omofobia, il sessismo, curioso discorso a parte si fa con il fascismo, che identifica esattamente il movimento storico ma in termini moderni vogliamo così tanto rifiutarlo come idea di appartenenza che l'atteggiamento moderno di fascismo viene identificato non con il termine fascismo ma senza un termine specifico come antitesi all'antifascismo e definisce un concetto di antidemocrazia e autoritarismo nonchè discriminazione, e non è che serva Mussolini per renderlo reale così come non è che serva il Ku Klux Klan per definire razzismo un trattamento violento dovuto al colore della pelle (e nel caso americano parliamo di persone con un fenotipo diverso che vivono nello stesso posto di chi ha un fenotipo bianco più o meno dalla stessa epoca essendone stato anche vittima per secoli).

Il tipico immaginario Hollywoodiano del razzismo americano, epoca affettata e finita di sessismo e razzismo conclamato che possiamo guardare attraverso un film (bellissimo film) senza sentirci coinvolti direttamente.


A volte abbiamo così tanta paura di quello che siamo o potremmo essere che finiamo per esserlo solo per non doverlo ammettere e affrontare.

Un piccolo esercizio mentale per riconoscere l'umanità degli altri quando ci troviamo davanti a questa situazione è leggere effettivamente i titoli dei giornali, poi gli articoli e chiederci come sarebbero scritti se i soggetti fossero semplicemente bianchi o italiani o uomini (in particolare nelle notizie di violenza sessuale o femminicidio su cui andrà scritto un articolo a parte) o cristiani.


martedì 20 settembre 2016

Che fatica vivere da femmina! Una riflessione silenziosa ma letale.

Un breve post sulla fatica femminile di esistere e sulla confusa lotta per essere libere.

Poi è più che altro personale, però di recente ho assistito a una splendida assemblea femminista aperta con condivisione di esperienze e dibattito e nello stesso tempo ho fatto un piccolo gesto che mi è sembrata una cosa sbagliatissima per ciò in cui credo in merito al femminismo ma non riuscivo a non farla, ho tolto il like a una pagina femminista che seguo da molto, che ha molto successo e che non sto a dire perchè sembra voglia farle una cattiva pubblicità ma in realtà no.

Diciamo che è una pagina di femminismo basato sulla libertà individuale, tutto molto bello, viva lo shorts, viva il corpo ecc.. tutto iper libero e positivo, così tanto da arrivare al mal di testa.
Mi sono accorta che ad ogni nuovo post c'era una parte di me che si chiudeva invece che aprirsi, che si nauseava invece di apprezzare, in effetti era come avere davanti un urlo continuo di establishment individuale, un sacco di rabbia, tanto consenso collettivo e un senso di malessere.

E so che può essere pericolosa questa critica ma datemi credito del fatto che il mio è un percorso, è stato lungo e non vale per tutti, c'è chi viene vessato, incolpato per ciò che veste e quello è il suo problema primario nel quotidiano e la rabbia verso questo lo aiuta, a me la rabbia senza che generi un dibattito, una riflessione anche interiore, non aiuta, mi sfianca, mi avvelena e chiude un cerchio senza successo.
A me insomma, che non sono adolescente, che il mio corpo lo conosco, l'urlo costante, la lotta arrabbiata, spesso senza guardare oltre l'affermazione di sè ha stancato e non la vedo più troppo utile.
Quello che vedo è che ci sono tante pagine/siti molto più coerenti, più complete e approfondite che purtroppo non usando vignette di donne grasse e in bikini o almeno non specializzandosi sull'urlo, la rabbia e il concetto lineare, vengono poco seguite o comunque molto di meno tra queste per esempio il Ricciocorno Schiattoso, Narrazioni Differenti e altre.
Questa pagina, per assurdo, ho capito che mi stava nuocendo, continuava a focalizzare l'attenzione sulla rabbia, continuava a concentrarsi sul corpo e sul vestito, bello, grasso, magro, pantaloncini hot, sei libera, sei libera anche nel nudo, sì lo so ma forse a un certo punto sono stanca di arrabbiarmi e di parlare di come mi vesto e tenere il dialogo sempre sul mio corpo sempre sul mio vestito, sempre sulla mia libertà di essere sessualmente attraente, sempre tutto a mille tutto positivo da un lato, tutto incomprensibile e negativo dall'altro in percorso senza interruzioni di alti toni.


Perchè gli diamo così tanta attenzione al corpo? Perchè purtroppo qualcuno ancora si sente in diritto di giudicarci per come vestiamo, e questo perchè su di noi come ci vestiamo, come appariamo è importante, agli uomini semplicemente è difficile che succeda, è trasversale al ceto sociale eventualmente, o alle sottoculture ma a parte quello insomma non importa a nessuno come si vestono gli uomini, anche perchè è agli uomini che interessa anche molto meno, in realtà è che agli uomini non interessa quindi non esiste, ma gli interessa come sono vestite le donne e quindi è un fatto e lo è anche per noi donne, gli uomini sono liberi dal doverci pensare, ma soprattutto dal dovere essere connotati, misurati attraverso i vestiti, dall'essere attraenti o meno e che questo influenzi completamente la propria percezione. La sensualità è una connotazione che non li caratterizza primariamente, non quando sono soli o quando sono con gli amici, non quando vanno in giro per strada, quando studiano, lavorano o altro, al massimo è una caratteristica se sei un personaggio di spettacolo o se devi rimorchiare e poco altro.
La fatica di vivere femminile è anche questa, che tutto sommato hai sempre questo metro di misura tatuato nel cervello, di cui vuoi liberarti eppure no, vuoi non essere un oggetto ma al contempo la tua estetica è molto molto importante, che sia basata sull'essere truccata, vestita in un certo modo (piuttosto che un altro, ma diciamo hai un'opinione in merito e la cosa è importante), ti definisce, anche quando te ne liberi, il mondo femminile intorno a te è un durissimo muro di paragone, tu in un certo senso ti privi di quello che tutto sommato è universalmente riconosciuto come un vantaggio sociale, nel tuo cervello volente o nolente, è una lotta concepirti come un essere in cui la bellezza conta meno quando anche a te stessa in fondo importa e tutto il mondo ti ricorda che sì fidati, ti importa.
Quando un po' ne esci hai comunque sempre un paragone esterno, e la fatica è che sì siamo libere ma a volte ho l'impressione che siamo libere dentro un mondo di plastica, come essere libere in un Truman show, dove affermi il tuo modo di vestire sessualizzato per cercare di liberarti da una mentalità che ti ha reso oggetto gradevole e sessuale tutta la vita e lo fa in forme nuove, e tu lo rivendichi, sei divisa dentro te stessa in questa lotta fra la te che è d'accordo con lo shorts libero e la te che è d'accordo con lo shorts* libero ma vorrebbe che non si sentisse semplicemente il bisogno di indossarlo, ne di farne un establisment individuale (parliamo di pantaloncini per dio quanto poco dovrebbe essere importante rivendicarlo) per poi in realtà ripensare a quanto il rapporto di sorellanza sia difficile, impervio e pieno di voci non dette, guerre segrete e giudizi, urlare insieme non è conversare e amare tutto non è capire e sinceramente è un percorso molto faticoso, vivere è davvero faticoso senza contare tutte le riflessioni esterne e condivise con l'altro sesso.

E insomma, brevemente, vivere come femmina è molto più complesso di quello che sembra, sicuramente più di quello che può sembrare a un uomo, soprattutto se decidi di non seguire la strada più facile, che significa che in ogni caso dovrai farti tantissime domande, in tutti gli step della tua vita e visto che la vita non è fatta tutta a step, arriveranno domande e dubbi quando meno te lo aspetti, dovrai fartele sul mondo, su te stessa e cambiare pelle così a fondo e non una volta sola, da rischiare ogni tanto, di perdere la tua immagine fondamentale.
E magari non ho detto niente di nuovo in questo post ma quando si risale dalla nebbia della nostra percezione di se, si affronta periodicamente lo slalom tra i nostri valori e pensieri, tra slogan, vignette, giudizi, complimenti, grida e competizione (che è veramente tanto alla base del mondo femminile purtroppo, e un po' torna come una belva anche quando ce ne si libera per tanto tempo), ci si deve ricordare che abbiamo la responsabilità di non banalizzare il dibattito e non concentrarci su piccole cose su cui è facile avere un'opinione e averla unita e non accontentarci di noi stesse per quello che siamo con gli strumenti con cui nasciamo perchè gli strumenti stessi a volte sono illusori o acerbi e che il cambiamento delle cose è insieme e non solo fatto di atti personali e forse soprattutto non di rabbia, a questo proposito, qui il link di internazionale su una riflessione di Martha Nussbaum che merita di essere letto, e che coincide anche in gran parte con il pensiero che mi ha portato a levare il fatidico like.

*intendo il microshorts iperaderente che è anche relativamente scomodo perchè in realtà quando ti siedi su un autobus tocchi quasi tutto il sedile con la pelle ed è aderente fino all'impossibile tanto che la tua vagina a volte hai l'impressione stia sperimentando una nuova fase della sua divisione labiale.


mercoledì 14 settembre 2016

Tiziana, Selvaggia, fiaccole e forconi mediatici

Il caso di Tiziana Cantone che fa il giro del web è uno dei tanti momenti di shock mediatico in cui ci si sveglia dal letargo e ci si rende conto che ciò che vediamo di virtuale improvvisamente forse non lo sia.
Che forse anche delle parole scritte, delle "opinioni" (le virgolette è perchè veramente fin troppa gente è convinta di avere opinioni quando si tratta di insulti) abbiano un peso reale.
Quello che è successo a Tiziana Cantone è una caduta vorticosa e terrificante amplificata da un mondo che non è la parola ma è la scritta, virale, incancellabile, inarrestabile di cui è capace solo la potenza mediatica del nuovo millennio.

Quello che è successo insomma è quello che succede nei paesini, il passaparola, la calunnia, la semplice risata, il pettegolezzo, con strumenti smisurati rispetto alla capacità di chi li ha utilizzati con la stessa mentalità noncurante e ignorante.
Una valanga che è la somma di comportamenti da crudeli a pettegoli a leggeri o anche solo indifferenti che l'hanno accresciuta.
La maggioranza (per fortuna) l'ha riconosciuto, è stato un episodio terribile, e ci si è schierati in massa contro il bullismo mediatico, che riassunto in bullismo fa pensare alla smutandata a scuola ma in realtà, soprattutto in questo caso è oggettificazione, cattiveria e sessismo che hanno fatto di Tiziana, per chi ha fatto esplodere la vicenda, un essere senza spessore ne importanza ne sentimenti protagonista suo malgrado di un video e ormai pubblico dominio, una vergogna perchè legato al sesso e Tiziana era una donna, perchè dai diciamocelo, nessuna folla riderebbe e distruggerebbe un uomo per essere in dei video hard.
Poi ci sono gli altri, quelli che si sono chiesti se non ci fosse la stessa leggerezza da parte sua nel condividere un video. Quindi colpa sua. (oddio.)
Io non voglio parlarvi di quanto sia assurdo che si dia della puttana a una donna che fa sesso solo perchè ne esiste un video (le donne fanno sesso anche se non c'è un video, e magari è fetish)
Non voglio parlarvi dell'ignoranza allucinante con cui le persone si stanno rapportando alla vicenda perchè credo che per fortuna i più non la pensino così e non serva un altro articolo che confermi questa visione.
Detto questo passiamo oltre nella vicenda.
A mio avviso servono, un po' come in quasi tutte le situazioni, un po' di logica, un po' di empatia e un momento di dubbio.
Cominciamo dall'empatia che è la base che caratterizza la nostra capacità di relazionarci agli altri, anche senza avere lo stesso linguaggio, la capacità di comprendere le emozioni altrui, le situazioni emotive, non richiede un titolo di studio o un'intelligenza logica spiccata.
Una persona è arrivata a spegnersi, a non esistere pur di escludersi da quello che la circondava, in nome dell'empatia non credo sia il caso di sottolineare una leggerezza o l'errore che possa aver commesso nel valutare la fiducia verso qualcuno, davvero si può sottolineare un errore così piccolo quando il prezzo è la morte? Ma soprattutto, chi riesce a dire che lei in fondo se l'è cercata, sarebbe capace di dire la stessa cosa guardando in faccia una persona sul punto di uccidersi perchè si è fidata della persona sbagliata?
Una persona reale, non una foto sgranata, non il riassunto di quattro informazioni che l'hanno descritta ai più, ma un'essere umano con voce, comportamenti, occhi.
Siamo animali, guardiamo, annusiamo, tocchiamo e il nostro modo di percepire il reale, il nostro rapportarci al resto del mondo è costituito da molto più che le parole, chi ha giudicato lei, ha da chiedersi questo e se cambierà idea dopo averci pensato avrà peccato di leggerezza. Altrimenti di sociopatia. (c'è sempre un motivo multiplo dietro un comportamento, questo non cambia che giudicare una vittima e ribaltarla dalla colpa dei propri carnefici non sia una cosa semplicemente sbagliata). Il fatto è che qualsiasi sia il punto, dobbiamo ricordarcelo che non stiamo ragionando con un complesso semplicistico di informazioni scritte su un monitor, dobbiamo riconoscere i nostri limiti rispetto agli strumenti che usiamo.

Poi arriviamo alla logica, agli altri (quelli che giudicavano Tiziana con commenti spesso a dir poco di pessimo gusto) si sono aggiunti i peggio, quelli che sono in grado anche (non si capisce come, sessismo? tare mentali?) di dare della troia a Tiziana e la morte a chi è contro, forse queste persone non sono in grado di distinguere il sesso consenziente, dal sesso a pagamento e chissà se lo sanno fare rispetto al sesso da sfruttamento o da stupro?
A questi in tanti hanno risposto, giusto, ho pensato, questi stronzi non capiscono niente, si meritano la stessa cosa. E poi è arrivata lei. Selvaggia Lucarelli.
Selvaggia ha fatto ciò che in tanti hanno augurato mentalmente e non ai commentatori sociopatici o tarati che riuscivano a insultare e a colpevolizzare una ragazza che si è suicidata per la maldicenza della gente.
E ha fatto questo, ha preso un tizio e ne ha pubblicato il commento sulla propria pagina, indicandone anche lavoro e localizzazione.


La mole dei commenti è sopra i 5.000, i like sono circa 42.000, e questi sono quelli che hanno manifestato una qualsiasi interazione con il post. E non ho festeggiato.
Sinceramente a vederlo, mi sono venuti i brividi.
Selvaggia Lucarelli ha "sputtanato" il personaggio e iniziato una istigazione pubblica al linciaggio mobilitando la sua massa di fan e chi semplicemente si trovava la notizia in bacheca grazie alla condivisione degli amici, i commenti sono per lo più di sostegno, complimenti e ulteriori istigazioni come quello sotto, che non sono solo commenti, sono la vita reale della persona, che ha una mentalità di merda, siamo d'accordo, ma attualmente è in una gogna mediatica che cerca di colpirlo personalmente anche nella vita reale. E non so voi ma a me ricorda qualcuno.


Qualcuno può trovarci dell'ironia, ma sinceramente a vederlo mi è passata la voglia di riderci su, Selvaggia Lucarelli è molto seguita, ha utilizzato la propria potenza mediatica per distruggere qualcuno perchè ha una pessima mentalità e ha fatto pessimi commenti su qualcuno che era stato distrutto dalla gogna mediatica, probabilmente da qualcun altro che ha pensato in fondo fosse giusto secondo la propria mentalità, o che non fosse un problema, o che fosse divertente o magari non ci ha nemmeno pensato.
Ok. 
Cosa stona e inizia a nauseare (o meglio comincia a nauseare in modo diverso) di questa vicenda?

I problemi di tutta questa storia sono stati:
1- persone che volenti o nolenti hanno oggettificato una persona riducendola a motivo di derisione e gogna, non curandosi delle conseguenze, a causa del sesso, perchè viene considerato vergognosa una donna che fa sesso (feticistico o meno)
2- la potenza di fuoco dei social media che in mano a chiunque sono un potente strumento di diffusione, difficilmente arrestabile 
3- l'incapacità generalizzata del nostro cervello di rapportarsi in modo sano nel mondo online, dall'incapacità di ridimensionare il nome che ci troviamo davanti dandogli la forma di una persona reale all'incapacità di comprendere le conseguenze e l'effetto di ciò che facciamo

Quello che ha fatto Selvaggia Lucarelli è stato istigare alla stessa gogna, senza nessuno spirito critico, forte del fatto che la sua potenza mediatica da sola, è più forte di quella del suo "avversario virtuale".
E adesso lei e la sua massa di proseliti lo stanno distruggendo in tutti i modi possibili in nome di una giustizia per Tiziana.
La giustizia è questa? 
E' il liberalizzare l'arma con cui è stata schiacciata Tiziana nel nome del fatto che si ha ragione? 
E' credere che se si è nella ragione valgono gli stessi mezzi che abbiamo trovato terrificanti in mano a qualcun altro? 
Non è lo stesso comportamento distruttivo e noncurante con cui potrebbe ragionare un bambino? 
Se crediamo che qualcosa sia terribile e ingiusto, diventa giusto se lo facciamo noi?
Mi dispiace e mi duole dovermi trovare a non apprezzare una situazione in cui si svergogna un sessista offensivo e carente della minima intelligenza emotiva, ma per me, quello che ha fatto Selvaggia, dall'alto del suo ruolo di influencer ossia un normale essere umano con un megafono globale, è grave, e fa paura, le masse sono caricate, il pensiero critico si è sciolto, armarsi di forcone e fiaccole mediatiche, scatenare la valanga di distruzione oltretutto verso un essere umano solo, nient'altro che un pinco pallino ignorante, questo vale per ciò che ha fatto uccidere una persona (e nemmeno la prima) e vale anche per quello che ha fatto Selvaggia Lucarelli. 
Non è diverso dalla diffusione spropositata di armi negli Stati Uniti, ognuno è convinto di avere ragione ad essere nel giusto nell'avere un'arma da fuoco, più ha potere più la promuove.
Il fine non giustifica i mezzi, perchè i mezzi sono sempre gli stessi ma i fini sono umani, per questo inaffidabili, per questo a mio avviso, non serve ribaltare i mezzi 
Tra l'altro stiamo parlando di distruggere la vita di una persona per dei commenti, ridimensioniamo, anche se sono orribili, anche se magari quella persona è totalmente rispecchiata nei propri commenti, resta sproporzionato, voi fareste dei cartelloni pubblicitari per una litigata con insulti anche pesanti con qualcuno che ritenete un idiota? Tappezzereste la città in cui vive e tutta l'italia di cartelli, lo fareste licenziare?
I mezzi serve comprenderli, saperli utilizzare con coscienza per evitare che possa risuccedere in futuro, anche perchè parliamone, chi esprime i propri commenti in modo duro su qualsiasi social network è convinto di avere ragione, secondo voi, anche parlando in modo il più utilitaristico possibile, il "punirne uno per educarne cento" funziona considerando un mondo convinto di non essere mai gli "uno"? O vale solo per gente come Selvaggia che può permettersi di schiacciare? 
Gli interrogativi, quando si ha il potere di distruggere qualcuno, sono quantomeno necessari.

martedì 6 settembre 2016

A Virginio Merola sul Navile e ai politici in generale.


Caro sindaco,
questa è una lettera aperta, perchè evidentemente i social o qualsiasi altro mezzo con cui può fingere di avere un rapporto con gli elettori funziona solo per quando c'è chi si lamenta di banalità o le fa i complimenti alle sagre o nelle passeggiate mentre parla di degrado non sapendone la causa, ma soprattutto non volendo in fondo neanche saperla, perchè sarebbe un problema complesso.
Vorrei dirle che è molto facile fare il sindaco quando ci si mette un elmetto in testa e si scavalca con un passo lungo gli errori fatti mentre se ne stanno per fare di peggiori, parlando di impegno e di interesse pubblico, quando si lascia un ecomostro in cemento in mezzo a un quartiere e non si sa ancora dove trovare i fondi dopo averne affidato la costruzione ad aziende su aziende che sono stranamente fallite facendo dilapidare i nostri (sono NOSTRI) soldi creando aree di nulla e già parlare di altre costruzioni senza nemmeno considerare quello che si distrugge per mettere in piedi servizi che saranno l'ennesimo vuoto riservato a chi ha soldi da spendere.
Ma soprattutto è bello vedere quanto è facile sorridere alle telecamere, alle macchine fotografiche mentre si omette tanto di quello che esiste, in Bolognina, esistevano occupazioni abitative di intere famiglie, da anni che erano una comunità e sono state smantellate mentre ancora si parla di emergenza abitativa, ma diamogli il suo vero nome è mala organizzazione quando l'emergenza dura da anni e nei quartieri i soldi si spendono per costruire appartamenti di lusso.
Esistono spazi sociali in bolognina che ogni giorno danno servizi gratuiti a chiunque cercando di conoscere e risolvere molti dei problemi di integrazione, isolamento e povertà nel quartiere senza ricevere nulla ne dal comune ne dalla popolazione, hanno imparato a farsi i lavori da sè, hanno imparato a parlare con le realtà del quartiere, le persone che già ci abitano, ma visto che non si abbinano all'immagine che ci siamo fatti della cultura, con palazzi di vetro, donne in camicette dalla voce pacata e libri famosi, dove è netta la distinzione tra chi produce cultura e chi la consuma senza partecipazione, questa non è cultura, e visto che non abbiamo le presentazioni in auditorium appaltati a chissà quali amici, dove ci sono concerti a pagamento sotto il nome di qualche grossa banca che magari ha tanti di quegli appartamenti sfitti in giro da risolvere il problema abitativo, ma visto che ha i soldi li trattiamo bene, e visto che non ci sono le palestre di lusso, con tanto di sauna e attrezzi che tutto sommato sono fermi mentre si corre come criceti in ruota, non si impara granchè, si paga, si suda e si torna a casa, visto che in effetti quegli spazi sociali sono aperti per la partecipazione reale delle persone, per essere un approdo per chiunque con attività e fatica ma di soldi ahimè non ne sta guadagnando proprio nessuno, forse non piace un granchè no? Eppure c'è il biologico, c'è la cultura, c'è la palestra ed è gratis per tutti senza costare al comune, perchè allora quello non va bene e spendere altri soldi rischiando altri fallimenti per servizi che già esistono e costano e non sono alla portata di tutti e non creano sociale e non creano cultura invece vanno bene e sarebbero nell'interesse della popolazione?
Ci piacciono i posti trendy che possano farci fare bella figura quando ci passeggiamo davanti, dove la gente magari passa la serata a bere e mangiare e poco altro ma ha tutto un gran bel mood intorno, magari è meglio una palestra che ci faccia dimagrire pagando fior di soldi in uno spazio molto carino invece che partecipare a qualcosa gratis dove esiste miracolosamente l'autogestione.
è strano il suo sistema di valori sindaco.
Una persona che davvero abbia l'interesse di amministrare una città di cultura, forse si preoccuperebbe di valorizzare le eccellenze che ha, che non sono solo tortellini e prosciutti, anche a prescindere dai soldi che ne ricava, o che ne ricavano gli amici.
Un sindaco che prende decisioni nell'interesse della popolazione lo dovrebbe fare calcolando davvero la popolazione, non quella che fa bella figura nei rendering o i bravi giovani che stringono la mano in foto e sono tanto carini, ma tutta la popolazione e a maggior ragione quella che si interessa davvero di ciò che gli sta intorno, si impegna ogni giorno per fare qualcosa per gli altri senza ricavarne in cambio ne meriti ne soldi e prendendosi anche lo sfregio di essere surclassato dagli interessi di pochi, di essere ignorato e di essere calpestato.
Cos'è un bravo sindaco se non considera questo?
Invece di fare le passeggiate nei quartieri con l'elmetto in testa perchè non la smette di fingere che non esistano certe realtà, che costruire altre roccaforti di cemento per ricchi non integrerà la popolazione, non solleverà dalla povertà e non creerà nulla se non altri buchi sociali?



lunedì 5 settembre 2016

Fertility day - simbolo della superficialità politica

Del Fertility day ne hanno parlato un po' tutti, dai comuni mortali ai mostri sacri dell'indignazione popolare che corre sui social, perchè parlarne ancora allora?
Perchè al solito internet viene definito il mondo di internet dai media tradizionali, "gli utenti Facebook", "gli utenti Twitter" e sembra avere un unico parere che equivale a un grande urlo indignato.



Chi ha letto questa giornata come qualcosa di negativo però l'ha fatto per motivi anche molto diversi, da quello più femminista di vedersi per l'ennesima volta mettere un timbro sul corpo in quanto donna, di vedere nella donna qualcosa di comune, di possesso condiviso e sociale e quindi vedersi spersonalizzare dalla propria volontà, dalle proprie motivazioni, a quelli che l'hanno visto come una forma gerarchica di controllo e che hanno sentito su di se il grande mostro della dittatura fascista con amore di patria espresso attraverso pancioni ed orgoglio nazionale.
E si è creato come un sottile momento di angoscia, di rivendicazione e odio verso questo personaggio pubblico che è la Lorenzin, che ha peccato soprattutto di tanta superficialità e di tanto distacco dalla realtà (che per un politico, è una cosa veramente grave a mio avviso).
Ma soprattutto tanta frustrazione, verso una politica che parla ai suoi elettori come un genitore distratto parla a un bambino che fa le gnole.
Le reazioni sono state anche molto sulla difensiva e purtroppo anche su piani logici errati, si è risposto ai politici con la stessa sagacia con cui si risponde a un dibattito, ma qui il dibattito purtroppo non c'è, e infatti la risposta è stata "abbiamo sbagliato la comunicazione", ma a volte dimentichiamo che la comunicazione non è un elemento fine a se stesso bensì è l'espressione di un pensiero che nasce da ciò che si sa ed esprime ciò che si vuole.

Cosa si è detto in risposta alle devastanti cartoline?
Innanzitutto si è premuto molto sul tema economico dei giovani italiani, ed è giusto perchè risponde a quei tanti che magari i figli li farebbero se non lavorassero su turni tramite voucher nei supermercati aperti anche di domenica, ma non c'è solo questo, non ci dobbiamo giustificare se non abbiamo figli, non ci dobbiamo riparare dietro la crisi, se lo stato vuole indire un giorno dedicato alla fertilità e al supporto a chi VUOLE dei figli, può farlo senza inserirci un messaggio morale, può farlo perchè è giusto rispondere all'esigenza di qualcuno, ma non può farne uno standard e se non lo vogliamo noi un figlio non lo dobbiamo a nessuno, nemmeno allo stato.

Ma ho parlato di superficialità della politica perchè è una questione che nel caos dell'indignazione si è persa, oltre alle rivendicazioni femministe che sono corrette e sono valide, c'è anche il palesarsi ancora più assurdo di uno stato che non sa guardare ai problemi con completezza e che è fatto a comparti stagni con ministri che ragionano sui propri dicasteri e non guardano alle persone come a elettori di tutta la politica.
Parlare di fare figli in un paese che storicamente ha accolto e si è mescolato con tutti i popoli possibili, e che ora è talmente incerto sulle capacità di governo da avere il terrore anche dell'accoglienza, un paese in cui aumenta la disoccupazione giovanile e si ritarda l'uscita di casa, e non si riconosce nemmeno la cittadinanza a chi italiano è ormai di cultura e lingua, che non favorisce la gestione condivisa dei figli attraverso la parità genitoriale tramite i diritti sul lavoro, che restringe i diritti sul lavoro in nome del Pil e non partecipa con l'Europa alla ricerca di indicatori che si basino anche su altro che non sull'economia e la produzione dello stato nel suo complesso, che gode di una mentalità lavorativa orientata al massacro del tempo privato, con costo del lavoro fatto pesare sulle aziende senza la lungimiranza minima di capirne le conseguente sull'assunzione e aumento del carico su poche persone, e per assurdo, lo facilita anche, che ragiona solo in stato emergenziale su fenomeni costanti quali l'immigrazione, i terremoti e conseguente messa in sicurezza degli edifici, che non si preoccupa a sufficienza dei vivi controllando adeguatamente gli appalti (o che non li controlla proprio) causando danni da terzo mondo, ha permesso ad aziende come l'Ilva di perpetuare crimini alla persona e all'ambiente, e visto che ci siamo, ai bambini nello specifico, per il bene di interessi privatistici e di una economia che si è dimenticata di essere al servizio della persona.

La Lorenzin ha semplicemente mostrato la faccia della politica italiana, fatta di demagogia e valori un tanto al chilo, una politica che si chiude in se stessa per la maggior parte del tempo, è lenta e indecisa e divisa in quello che potrebbe essere la necessità universalmente riconosciuta di garantire la vita ai vivi senza imbrogli e senza trucchi, che non si parla per risolvere, è isolata e clientelare e che non sa parlare agli italiani, non sa neanche cosa possano volere o perchè alcuni dati siano cambiati rispetto al secolo scorso e si dibatte nel mondo moderno in quel poco che percepisce come un mondo grafico e semplificato, il popolo di internet del resto è una definizione che già ci fa capire quanto poco chi dovrebbe occuparsene, conosca la realtà moderna.

Ma la cosa peggiore è che chi fa politica, persino quando non è d'accordo non ha abbastanza interesse per lottare.

Allora verrebbe da dire alla Lorenzin, ma non solo a lei, parlatevi tra voi, studiate, imparate, conoscete, capite e proponete nell'interesse di chi rappresentate, magari dando per scontato che non sia un'idiota che passa il tempo a bere e fumare e poi si scorda di fare figli, un pensiero che può sfiorare la mente solo di chi è distanza anni luce dalla realtà, smettetela di essere degli incompetenti, partite dalle basi dei problemi in Italia e fatelo assieme, se la Lorenzin vede dei problemi sulle nascite e la fertilità, invece di ragionare nel suo piccolo orto tematico e produrre slogan triti e ordini saccenti in pillole, guardi la storia, guardi i dati, faccia ricerche e poi si coordini con gli altri ambiti della politica che possano influire nel creare una situazione stabile e prolifica per le persone che già vorrebbero ma non possono, di creare una situazione in cui ci si senta abbastanza bene da pensare che avere un figlio non sia un incubo, soprattutto per la madre, che diciamocelo, un po' ha il terrore di passare da individuo con determinate passioni/caratteristiche a semplicemente madre.

Questo è da fare, non scusarsi e cambiare le cartoline come se l'errore fosse stato fare un brutto post su facebook, la politica ci deve delle scuse per averci permesso di parlare del nulla ancora una volta, con tanta indignazione e nessuna prospettiva di cambiamento, ci deve delle scuse perchè è incompetente e soprattutto deve darsi una mossa, altro che cicogna.

Vorrei aggiungere che l'immagine che hanno sfornato ora (a posteriori rispetto a quando ho scritto la parte soprastante del post) conferma l'assoluta incapacità di guardarsi intorno e capire anche solo per sbaglio la realtà.