martedì 20 settembre 2016

Che fatica vivere da femmina! Una riflessione silenziosa ma letale.

Un breve post sulla fatica femminile di esistere e sulla confusa lotta per essere libere.

Poi è più che altro personale, però di recente ho assistito a una splendida assemblea femminista aperta con condivisione di esperienze e dibattito e nello stesso tempo ho fatto un piccolo gesto che mi è sembrata una cosa sbagliatissima per ciò in cui credo in merito al femminismo ma non riuscivo a non farla, ho tolto il like a una pagina femminista che seguo da molto, che ha molto successo e che non sto a dire perchè sembra voglia farle una cattiva pubblicità ma in realtà no.

Diciamo che è una pagina di femminismo basato sulla libertà individuale, tutto molto bello, viva lo shorts, viva il corpo ecc.. tutto iper libero e positivo, così tanto da arrivare al mal di testa.
Mi sono accorta che ad ogni nuovo post c'era una parte di me che si chiudeva invece che aprirsi, che si nauseava invece di apprezzare, in effetti era come avere davanti un urlo continuo di establishment individuale, un sacco di rabbia, tanto consenso collettivo e un senso di malessere.

E so che può essere pericolosa questa critica ma datemi credito del fatto che il mio è un percorso, è stato lungo e non vale per tutti, c'è chi viene vessato, incolpato per ciò che veste e quello è il suo problema primario nel quotidiano e la rabbia verso questo lo aiuta, a me la rabbia senza che generi un dibattito, una riflessione anche interiore, non aiuta, mi sfianca, mi avvelena e chiude un cerchio senza successo.
A me insomma, che non sono adolescente, che il mio corpo lo conosco, l'urlo costante, la lotta arrabbiata, spesso senza guardare oltre l'affermazione di sè ha stancato e non la vedo più troppo utile.
Quello che vedo è che ci sono tante pagine/siti molto più coerenti, più complete e approfondite che purtroppo non usando vignette di donne grasse e in bikini o almeno non specializzandosi sull'urlo, la rabbia e il concetto lineare, vengono poco seguite o comunque molto di meno tra queste per esempio il Ricciocorno Schiattoso, Narrazioni Differenti e altre.
Questa pagina, per assurdo, ho capito che mi stava nuocendo, continuava a focalizzare l'attenzione sulla rabbia, continuava a concentrarsi sul corpo e sul vestito, bello, grasso, magro, pantaloncini hot, sei libera, sei libera anche nel nudo, sì lo so ma forse a un certo punto sono stanca di arrabbiarmi e di parlare di come mi vesto e tenere il dialogo sempre sul mio corpo sempre sul mio vestito, sempre sulla mia libertà di essere sessualmente attraente, sempre tutto a mille tutto positivo da un lato, tutto incomprensibile e negativo dall'altro in percorso senza interruzioni di alti toni.


Perchè gli diamo così tanta attenzione al corpo? Perchè purtroppo qualcuno ancora si sente in diritto di giudicarci per come vestiamo, e questo perchè su di noi come ci vestiamo, come appariamo è importante, agli uomini semplicemente è difficile che succeda, è trasversale al ceto sociale eventualmente, o alle sottoculture ma a parte quello insomma non importa a nessuno come si vestono gli uomini, anche perchè è agli uomini che interessa anche molto meno, in realtà è che agli uomini non interessa quindi non esiste, ma gli interessa come sono vestite le donne e quindi è un fatto e lo è anche per noi donne, gli uomini sono liberi dal doverci pensare, ma soprattutto dal dovere essere connotati, misurati attraverso i vestiti, dall'essere attraenti o meno e che questo influenzi completamente la propria percezione. La sensualità è una connotazione che non li caratterizza primariamente, non quando sono soli o quando sono con gli amici, non quando vanno in giro per strada, quando studiano, lavorano o altro, al massimo è una caratteristica se sei un personaggio di spettacolo o se devi rimorchiare e poco altro.
La fatica di vivere femminile è anche questa, che tutto sommato hai sempre questo metro di misura tatuato nel cervello, di cui vuoi liberarti eppure no, vuoi non essere un oggetto ma al contempo la tua estetica è molto molto importante, che sia basata sull'essere truccata, vestita in un certo modo (piuttosto che un altro, ma diciamo hai un'opinione in merito e la cosa è importante), ti definisce, anche quando te ne liberi, il mondo femminile intorno a te è un durissimo muro di paragone, tu in un certo senso ti privi di quello che tutto sommato è universalmente riconosciuto come un vantaggio sociale, nel tuo cervello volente o nolente, è una lotta concepirti come un essere in cui la bellezza conta meno quando anche a te stessa in fondo importa e tutto il mondo ti ricorda che sì fidati, ti importa.
Quando un po' ne esci hai comunque sempre un paragone esterno, e la fatica è che sì siamo libere ma a volte ho l'impressione che siamo libere dentro un mondo di plastica, come essere libere in un Truman show, dove affermi il tuo modo di vestire sessualizzato per cercare di liberarti da una mentalità che ti ha reso oggetto gradevole e sessuale tutta la vita e lo fa in forme nuove, e tu lo rivendichi, sei divisa dentro te stessa in questa lotta fra la te che è d'accordo con lo shorts libero e la te che è d'accordo con lo shorts* libero ma vorrebbe che non si sentisse semplicemente il bisogno di indossarlo, ne di farne un establisment individuale (parliamo di pantaloncini per dio quanto poco dovrebbe essere importante rivendicarlo) per poi in realtà ripensare a quanto il rapporto di sorellanza sia difficile, impervio e pieno di voci non dette, guerre segrete e giudizi, urlare insieme non è conversare e amare tutto non è capire e sinceramente è un percorso molto faticoso, vivere è davvero faticoso senza contare tutte le riflessioni esterne e condivise con l'altro sesso.

E insomma, brevemente, vivere come femmina è molto più complesso di quello che sembra, sicuramente più di quello che può sembrare a un uomo, soprattutto se decidi di non seguire la strada più facile, che significa che in ogni caso dovrai farti tantissime domande, in tutti gli step della tua vita e visto che la vita non è fatta tutta a step, arriveranno domande e dubbi quando meno te lo aspetti, dovrai fartele sul mondo, su te stessa e cambiare pelle così a fondo e non una volta sola, da rischiare ogni tanto, di perdere la tua immagine fondamentale.
E magari non ho detto niente di nuovo in questo post ma quando si risale dalla nebbia della nostra percezione di se, si affronta periodicamente lo slalom tra i nostri valori e pensieri, tra slogan, vignette, giudizi, complimenti, grida e competizione (che è veramente tanto alla base del mondo femminile purtroppo, e un po' torna come una belva anche quando ce ne si libera per tanto tempo), ci si deve ricordare che abbiamo la responsabilità di non banalizzare il dibattito e non concentrarci su piccole cose su cui è facile avere un'opinione e averla unita e non accontentarci di noi stesse per quello che siamo con gli strumenti con cui nasciamo perchè gli strumenti stessi a volte sono illusori o acerbi e che il cambiamento delle cose è insieme e non solo fatto di atti personali e forse soprattutto non di rabbia, a questo proposito, qui il link di internazionale su una riflessione di Martha Nussbaum che merita di essere letto, e che coincide anche in gran parte con il pensiero che mi ha portato a levare il fatidico like.

*intendo il microshorts iperaderente che è anche relativamente scomodo perchè in realtà quando ti siedi su un autobus tocchi quasi tutto il sedile con la pelle ed è aderente fino all'impossibile tanto che la tua vagina a volte hai l'impressione stia sperimentando una nuova fase della sua divisione labiale.


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