giovedì 26 gennaio 2017

Giornata della Memoria, memoria di cosa?

Nella giornata della memoria si riapre un doloroso capitolo della storia europea e mondiale. O meglio, si tenta di tenerlo aperto perchè è stato riconosciuto come così grave e così enorme, che una grossa parte dell'umanità coinvolta, ha ufficialmente deciso che non si poteva permettere di rischiare di dimenticarlo. Si è deciso, collettivamente di tenere nel presente, la Shoah la strage avvenuta sotto il regima nazista, in primis del popolo ebraico, ma non dimentichiamo che non solo gli ebrei furono perseguiti. Nella lista nera vi furono infatti omosessuali, malati di mente, disabili, oppositori, rom e sinti, testimoni di Geova, slavi e polacchi anche non ebrei, e donne considerate inutili o non conformi, si parla di milioni di vittime che, un po' per ignoranza, un po' per memoria selettiva, si sceglie di bypassare.

In questi giorni di migrazione, in tanti stanno trovando analogie con il trattamento ricevuto dai migranti, inutile girarci intorno, tra foto somiglianti a quelle dei campi di concentramento tedeschi e quelli di "accoglienza" greci, è difficile non trovarci analogie.

Spesso queste analogie hanno però un effetto opposto, afferrano l'estetica della questione ma non colgono la sostanza della realtà, perchè?



Perchè quando paragoniamo un campo di concentramento a un campo di ricezione o i numeri sul braccio per l'identificazione stiamo concentrandoci sull'impatto visivo del nostro immaginario dimenticando che il campo di concentramento tedesco era un buco per morire e lavorare in cui si veniva deportati forzatamente da altri stati dopo essere stati sostanzialmente disconosciuti come esseri umani aventi diritto e da cui non si poteva uscire, i campi di raccolta alla frontiera sono un sistema pessimo per la gestione di un'immigrazione massiva e volontaria di migliaia di persone, che fisicamente impatta su stati non preparati. Questo non è per togliere gravità alla situazione di emergenza, alle condizioni metereologiche e i mezzi scarsi, è vero che i migranti sono in fila nella neve per il cibo, il cibo però è dato per cercare di nutrire non per farli lavorare. gli stati impiegano risorse per tenere in vita le persone non per deportarle e ucciderle, le analogie dei campi hanno più a che vedere con il non sapere (e non volere in termini di costi) gestire la situazione di troppe persone raccolte in uno stesso posto, che con un obbligo di detenzione per razza.

Prima che mi si azzanni alla gola, vorrei precisare che i campi (come era prevedibile) sono pessimi, non vengono rispettate le condizioni base e che l'Europa sta gestendo malissimo la questione, purtroppo il fronte greco è in crisi nera, l'Italia è ancora in recessione e l'Europa è totalmente disgregata al suo interno come istituzione, inoltre i vari stati sono in pieno conflitto sulla questione migrazione, ogni fazione vive la carta immigrazione come jolly politico elettorale, con le destre che incalzano, i soldi che mancano, nessuno che vuole rischiare di rovinarsi la reputazione facendo un salto più lungo della gamba, con il risultato di un classico NIMBY (Not In My Back Yard) rimbalzato tra atti eclatanti di buonismo e rivolte popolari di bassa lega. 
Insomma è una tragedia umana che non solo è terribile ma si trova anche nel momento sbagliato, con il risultato che si sta gestendo molto male la vita di persone già disperate.

Ma vogliamo trovare davvero le analogie tra le migrazioni e l'olocausto? 
Io voglio farlo perchè ci sono e sono molto peggio delle fotografie di persone in fila per il cibo. Partiamo dal fatto che i soggetti prelevati, prima della deportazione, venivano riconosciuti, schedati e privati di cittadinanza per legge, venivano loro confiscati automaticamente tutti i beni di proprietà che passavano allo Stato, ai più fortunati, quindi con appoggi politici o amicizie o quelli che migrarono all'inizio delle legiferazioni contro le categorie sopra citate, venivano lasciati i soldi sufficienti per espatriare.
Il tema della cittadinanza, è un tema che torna, ma mentre nel caso migranti si discute se attribuire una cittadinanza diversa in base a motivazioni specifiche, nel caso della Shoah, la cittadinanza era un diritto negato automaticamente.
Non è nelle immagini seppure forti e toccanti e terribili e drammaticamente vere che dobbiamo guardare, ma è nella banalità del male.
Letteralmente.
Riprendiamo la causa raccontata dalla filosofa tedesca Hannah Arendt nel suo celebre libro "la banalità del male" che racconta la storia della Shoah attraverso gli occhi e le ricostruzioni di documenti di un ex militare che è poco più di un burocrate con l'uniforme, Otto Adolf Eichmann.

Le similitudini sono le seguenti:

- I migranti visti come minaccia, basta vedere l'Italia ma anche il Regno Unito con la May, ma anche gli Stati Uniti di Trump, la Polonia, la Germania ecc...  sempre più parte della popolazione, fomentata dalle destre, vede nei migranti un'unica cosa, non importa la disperazione, non importano le motivazioni, vede nel singolo migrante tutti i migranti, vede una minaccia "diversa", alla propria identità, e ascolta la propria pancia, non a caso salgono sempre di più le destre al potere e vincono i sentimenti meno cooperativi con l'ascesa di personaggi carismatici e iracondi che fondano parte della propria vittoria proprio sulla carta immigrazione

- Vite umane valutate in base al costo, questo è un elemento fondamentale, che più di altri determinò lo schieramento di popoli e governi. Ebrei e migranti visti come costo economico (comportano un costo anche i disabili e i pensionati, non per questo ci facciamo il problema se occuparcene o meno), si riducono a una spesa inutile che grava sulle tasche della popolazione, sia che sia un costo per il mantenimento in vita, sia che sia un costo per la perdita. Si contesta infatti, e questo è un segno indicativo del valore di vita dato, anche la raccolta dei morti in mare, ci si pone più il problema che i pesci che mangiamo abbiano mangiato umani che non il restituire dignità ai corpi perduti da riconsegnare alle famiglie. Un ragionamento del genere fatto su italiani sarebbe semplicemente impensabile, pensare che non vengano recuperati i corpi di italiani caduti in mare sarebbe stato fuori discussione, soprattutto per una questione di costo, basti pensare ai fatidici due Marò, ma anche agli stessi ebrei vittime di strage nazista, di cui ancora si cercano gli oggetti nei campi di concentramento e si recuperano contatti con le famiglie migrate in altri stati.

- Il non curarsi di dove finiranno i migranti vivi, e questo a mio avviso è il punto fondamentale, la Shoah si studia a scuola come sequenza di eventi, si studia per fatti e per leggi, per manovre di guerra, per numeri, non si studia però il comportamento umano e tutto sommato banale degli Stati, comportamenti che hanno reso il comportamento disumano di uno Stato, un fatto di portata mondiale.
Comportamento poi, che è stato estremamente diverso a seconda della nazione, non si approfondisce per esempio, il fatto che la Francia autorizzò i tedeschi a deporttare gli ebrei (considerati un surplus e un costo in vista dei vantaggi di recupero dei beni mobili e immobili degli stessi) senza domandarsi dove finissero, ma dando per scontato che fossero semplicemente portati altrove, a lavorare.
Non si preoccupò di dove sarebbero finiti, bastava non fossero un costo.
Quando si accorse che in realtà venivano deportati per andare a morire (una cosa che non avvenne per gran parte della guerra eccetto che in Polonia, dove la Germania aveva i campi più cruenti e meno controllati), la Francia tentò di ritrattare gli accordi ma era tardi, ne erano già morti centinaia di migliaia.

L'Europa ha stanziato con la Turchia un accordo per bloccare i migranti alle frontiere, non ci si chiede come saranno trattati, nonostante i rapporti di Amnesty abbiano denunciato abusi e maltrattamenti.
- Le persone, soprattutto in Germania, erano troppo prese dalla crisi economica e dalla banalità delle loro ansie quotidiane per preoccuparsi di che fine facessero gli ebrei, venivano indicati come un problema, un costo, avvantaggiati rispetto ai tedeschi sul piano economico (tipo hanno 35 euro al giorno e vivono negli hotel, scherzo ma anche no) che detenevano ingiustamente la ricchezza che spettava al popolo tedesco, questa rabbia banalmente molto economica, andò ad aggiungersi alle differenze culturali tra ebrei, omosessuali, rom e sinti, malati di mente, oppositori e testimoni di geova e popolo tedesco, e se eliminare gli ebrei significava uscire dalla fame, avere più lavoro e così via, tutto sommato andava bene.

Era una questione molto più economica di quanto non vogliamo ricordare.
Si parla infatti di caduta morale di un'intera nazione (infatti in Germania e, anche se pochi lo sanno, in Romania, non ci fu alcuna opposizione o quasi, da parte della popolazione verso le deportazioni, le leggi razziali ecc...).

Ma continuiamo.
Molti magari non sanno che la Germania aveva un campo di concentramento "vip" o anche "civetta", dove venivano internati i personaggi più famosi e non dimenticabili dei vari stati, campo in cui la Croce rossa aveva accesso per verificare che le condizioni di vita dei deportati fossero accettabili, era un campo vetrina a Theresienstadt che poteva essere appunto, visitato.

Le prossime manovre dell'Europa in tema migranti sono principalmente l'investimento di fondi verso la Libia (ironia vuole che i fondi siano quelli per il sostegno dell'Africa) per addestrare gli agenti di frontiera libici a bloccare le barche di trafficanti, ovvero i migranti stessi, impedendogli di uscire dal paese e aumentare le manovre di rimpatrio. Insomma non importa dove andranno o da cosa scappino, basta che non siano in Europa e si chiuderà un occhio come con la Turchia (occhi tuttora chiusissimi) su come verranno trattati, che fine faranno.

Una cosa che abbiamo dimenticato noi italiani però, anche se darebbe al fascismo qualcosa di buono è che l'Italia dall'estero non viene studiata come il posto dei campi, come la studiamo noi, che nel tentativo di rimuovere una sequenza drammatica, attribuiamo ad un periodo storico solo i lati negativi, ma sul tema ebrei, fascisti inclusi, gli italiani adottarono un atteggiamento molto particolare, e molto più interessante di quanto non si studi nelle scuole, dove sarebbe impensabile dichiarare che nel fascismo, ci fosse dell'umanità (ce n'era, questo non significa che andasse bene il fascismo che era comunque una dittatura e anche punitiva, ad esempio con gli oppositori politici).


Infatti tornando a "la banalità del male", durante il processo vengono riesaminati i documenti passati tra i capi nazisti e spiegati dallo stesso Eichmann, gli italiani risultarono particolarmente diversi da come ce la raccontiamo, abili nel cercare di applicare il meno possibile le normative tedesche sul tema, con leggi applicate sotto pressione tedesca e allo stesso tempo facili da evitare (con l'iscrizione di un qualsiasi parente al partito fascista, gli ebrei venivano esentati dalle leggi razziali, le leggi sugli ebrei in Italia si applicavano quindi solo parzialmente e non in modo duro), con frustrazione da parte dei tedeschi, venivano messi in atto trucchi a dir poco creativi che includevano il dire ai tedeschi di aver realizzato una retata di ebrei, indirizzare le truppe tedesche per poi dire che erano fuggiti mentre invece erano stati deliberatamente mandarli nel posto sbagliato (giuro, a Marsiglia) mentre gli ebrei venivano immigrati in Italia, gli venivano dati documenti falsi e venivano fatti imbarcare per l'America a costo dello stato italiano, questo lo facevano gli stessi fascisti. (sì ripeto non voglio riportare il fascismo, ma esistono anche questi fatti).
L'Italia, nel periodo delle grandi deportazioni europee, veniva considerato un porto sicuro anche per il fatto che essendo alleata della Germania, la Germania non poteva comportarsi imponendosi eccessivamente.
Gli italiani non erano buoni, sia chiaro, ma come nazione, sul tema ebrei, e come tendenza generale e decisioni politiche, furono un popolo particolare, innanzitutto gli italiani non sentivano la "questione ebraica" e questo non perchè non ci fossero ebrei in Italia o  non ci fossero differenze socioculturali o problemi economici, ma perchè erano integrati tra gli italiani e la questione era tendenzialmente senza senso, erano semplicemente persone.

L'Italia fu sempre ambivalente, così assurdamente ambivalente che lo stesso Roberto Farinacci, capo del movimento antisemita italiano, aveva come sottosegretario un ebreo.

Il livello di assurdità dei giochi di mano italiani si spinse fino a costruire i campi di concentramento sotto le pressioni dell'alleato tedesco, ma di fatto impedendo alla Germania di accedervi o di deportarne mai gli "ospiti".
Fino al '43 l'Italia resse alle pressioni, fino a quando la Germania non inviò propri funzionari a fare quello che gli italiani di fatto non facevano, liberarsi del "problema". 
Dal '43 al '45 vengono sterminati ebrei e italiani sotto le armi tedesche come sappiamo dalle storie delle nostre strade e dei nostri paesini, gli italiani formano i movimenti partigiani, le staffette, in tanti costituiscono la resistenza al nazismo, sanguinosa e protratta soprattutto nel centro e nord Italia, dove vengono effettuati veri e propri rastrellamenti e più si avvicina la fine, più gli eccidi si fanno efferati e numerosi, con la strage di interi paesi e porzioni di territorio, nonosante questo, ancora gli italiani, attraverso chiese, ospedali, fascisti e resistenti continuano a trasferire gli ebrei dal nord al sud italia liberato dagli americani grazie al passaggio con documenti falsi, in tempi recenti si scopre che persino Bartali, noto ciclista antifascista (ma essendo famoso, non toccato dal regime) fu un membro attivo delle staffette, sì, con la sua bicicletta. (Consiglio la visione del documentario "My italian secret")

Nella giornata della memoria vorrei ricordare quindi non solo lo sterminio, perchè siamo umani, tendiamo a localizzarlo e definirlo a un popolo, a un tempo e a un luogo che non ci coinvolge, che è statico nell'ambra di un immaginario specifico fatto di tute a righe, numeri tatuati sulle braccia e code per il cibo, senza necessariamente vederne il significato e, soprattutto, le cause reali.

Nella giornata della memoria vorrei ricordare l'indifferenza di molti stati (non tutti, infatti Danimarca, Bulgaria e Italia sono citati come casi di opposizione sul tema ebraico) e di tutti i burocrati e di tutti i popoli e la gente che per fame, per paura o per menefreghismo hanno permesso le deportazioni di milioni di esseri umani, di concepirli come meno umani, in nome di un risparmio di costi e un guadagno (Arbeit macht Frei - il lavoro rende liberi, il motto del famoso campo di Auschwitz dove gli ebrei e gli altri prigionieri venivano messi a lavorare per aziende quali Ikea, Thyssen-Krupp, Siemens e altri a costo zero, di fatto erano un vantaggio per il paese, infatti più che crudeli, i tedeschi furono incredibilmente e spaventosamente efficienti)

Nella giornata della memoria, agli italiani vorrei ricordare che in tutto il male qualcosa di cui andare orgogliosi ce l'avevamo ed era qualcosa di molto più importante dell'eccellenza nella moda o nell'alimentare, la nostra umanità, erano le staffette, erano il pensare che una vita valesse, perchè semplicemente valeva, non c'era da discuterne, non c'era da discutere sul perchè tenere in cantina una famiglia ebrea mentre volavano volantini che annunciavano che chiunque fosse trovato ad aiutare un ebreo sarebbe stato ucciso, non c'era da pensarci sul farsi anche 60 km al giorno in bicicletta nelle strade sterrate delle terre di palude per portare messaggi e documenti falsi. Noi italiani se proprio vogliamo avere un orgoglio nazionale, noi che siamo il popolo di dominazioni e scorribande e secoli di migrazioni e regioni e paesini ognuno con la sua cultura, noi come spirito nazionale dovremmo andare fieri della nostra umanità storica, riporto in proposito alcuni dei pezzi riportati nel libro della Harendt quando descrive l'Italia sulla questione ebraica.

"E quando la questione divenne una questione di vita o di morte, gli italiani, col pretesto di salvaguardare la propria sovranità, si rifiutarono di abbandonare questo settore della propria popolazione ebraica; li internarono invece in campi, lasciandoli vivere tranquillamente finchè i tedeschi non invasero il paese. (ovviamente tranquillamente è inteso per la situazione dell'epoca, i campi erano comunque campi quindi con condizioni igieniche scarse e cibo sufficiente, ma rispetto alle direttive tedesche imposte o gli stati che lasciavano deportare, i campi italiani erano più fatti per tenere in vita chi ci entrava che non per ucciderlo, e questo ci sembra poco ma all'epoca era sostanziale) Questa condotta non si può spiegare con le sole condizioni oggettive (l'assenza di una questione ebraica), poichè naturalmente questi stranieri costituivano in Italia un problema così come lo costituivano in tutti gli altri Stati europei, Stati nazionali fondati sull'omogeneità etnica e culturale delle rispettive popolazioni. Quello che in Danimarca fu il risultato di  una profonda sensibilità politica, di un'innata comprensione dei doveri e delle responsabilità di una nazione che vuole essere veramente indipendente - "per i danesi...la questione ebraica fu una questione politica, non umanitaria" (Leni Yahil) - in Italia fu il prodotto della general, spontanea umanità di un popolo di antica civiltà.
L'umanità italiana resistè inoltre alla prova del terrore che si abbattè sulla nazione nell'ultimo anno e mezzo di guerra.
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L'ufficio di Eichmann diramò alle sue varie branche una circolare in cui si avvertiva che di dovevano subito prendere le "necessarie misure" contro gli "ebrei di nazionalità italiana". La prima azione doveva essere sferrata contro gli ottomila ebrei di Roma, al cui arresto avrebbero provveduto reggimenti di polizia tedesca dato che sulla polizia italiana non si poteva fare affidamento. Gli ebrei furono avvertiti in tempo, spesso da vecchi fascisti, e settemila riuscirono a fuggire.
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Così circa trentacinquemila ebrei furono catturati nell'Italia settentrionale e sistemati in campi di concentramento nei pressi del confine austriaco. Nella primavera del 1944, quando ormai l'Armata rossa aveva occupato la Romania e gli alleati stavano per entrare a Roma, i tedeschi violarono la promessa e cominciarono a trasportarli ad Auschwitz: ne portarono via circa settemilacinquecento, di cui poi ne tornarono appena seicento. Tuttavia gli ebrei che scomparvero non furono nemmeno il dieci per cento di tutti quelli che vivevano allora in Italia."

Forse è questo che dovremmo ricordarci, servirebbe un'altra parola per memoria che non sia solo immaginario e numeri ripetuti ma sia comprensione del fenomeno e dei suoi elementi.

giovedì 19 gennaio 2017

La storia di Julia e Jeff, qualche considerazione in più

Riporto una storia presa su internazionale per poter aggiungere alcune riflessioni:

Julia Wise è un’assistente sociale e suo marito Jeff Kaufman è un ingegnere informatico. Nel 2013 il loro reddito complessivo era di poco inferiore ai 245mila dollari, e quindi il loro nucleo familiare faceva parte del 10 per cento più benestante degli Stati Uniti. Eppure, se si escludono le tasse e i risparmi, i due hanno vissuto con appena 15.280 dollari: il 6,25 per cento dei loro guadagni.

Cosa è successo al resto del loro stipendio, pari a quasi centomila dollari? Lo hanno devoluto in beneficenza.

Questa somma corrisponde al 40 per cento del loro reddito lordo, e non è la prima volta che Wise e Kaufman fanno beneficenza: dal 2008 donano tutti gli anni una percentuale simile del loro reddito.



Come dimostrato nell'articolo, reddito e felicità non vanno necessariamente di pari passo ed è un fatto provato, l'articolo si concentra sul fatto che il volontariato o il donare siano elementi che producono felicità negli individui soprattutto in contrapposizione al conservare il denaro per uno stile di vita inutilmente più agiato. 
Anche questo è statisticamente vero e in generale tutti sperimentiamo, chi più chi meno, la gioia che scaturisce nell'aiutare qualcun altro senza farlo con interesse. 

Da una ricerca sui donatori di sangue (che è un dato estremamente importante nelle statistiche italiane in quanto viene considerato il dono per eccellenza e concorre a determinare gli indicatori sulla generosità di un luogo) emergeva che il gesto di un dono anonimo e gratuito non solo era soddisfacente, ma renderlo a pagamento avrebbe diminuito la quantità di donatori e di fatto avrebbe prodotto una minor quantità di donazioni, contro ogni aspettativa. 

Detto ciò, quello che chi riporta questa storia,a mio avviso, considera poco, è che la coppia è sana, non ha figli, non ha parenti a carico e rinuncia a una grossa parte del reddito per scelta questo significa che la coppia ha un'ampia disponibilità di denaro in partenza, denaro che non viene da rendita ma dal proprio lavoro, e che quindi, sappiamo dallo stipendio, viene socialmente riconosciuta come meritevole ( nella società occidentale lo stipendio è quasi sempre il metro di misura per definire quanto una persona vale nella sua comunità di riferimento) ricevendo quindi un feedback positivo dal mondo esterno, i due protagonisti della storia, fanno lavori soddisfacenti che premiano le loro peculiarità, probabilmente sono i lavori per cui hanno studiato investendo ore, risorse economiche e allenando i propri cervelli e le proprie caratteristiche psicosociali ad essere sempre più rilevanti e riconosciute.
Se vediamo infatti le indagini sui lavori più "felici" e che influenzano la felicità in toto, vediamo che le caratteristiche principali non sono ne il reddito ne la generosità ma sono:
- responsabilità e controllo
- contatti sociali/naturali
- riconoscimento sociale
- utilità sociale

Inoltre non vivono eventuali ansie di necessità, possiamo vedere dal grafico sull'articolo che spendono l'1% in spese sanitarie, quel dato non è un merito ma sostanzialmente una casualità positiva, in caso di necessità possono avere una disponibilità di denaro più che abbondante che non precluderà il loro futuro e le loro scelte, in pratica possono liberarsi di soldi ora, ma:
-  non vivono l'ansia di non avere possibilità
-  non vivono in particolare il dover fare un lavoro poco soddisfacente (perchè l'equivalente del loro stipendio residuo equivale a un lavoro a basso riconoscimento sociale e a bassa capacità intellettuale o caratteriale, in pratica si tratta spesso di lavori di manovalanza) 
-  non avendo un lavoro di basso riconoscimento, la comunità li valuta come persone di rilievo rendendoli integrati e apprezzati
- hanno la possibilità di donare ampie somme di denaro accrescendo il proprio valore sociale e la propria stima di sè

In pratica quello che sto cercando di dimostrare è che sì, vivere con una somma media e una somma alta non cambia di molto la felicità e sì la donazione ha effetti positivi sulla nostra vita come donatori, ci fa sentire bene ma, idealizzare un caso di rinuncia, più o meno temporanea, per quanto molto positivo:
-  non cambierà il fatto che la loro felicità non viene solo dalla donazione o dal basso reddito ma da un insieme di fattori che in realtà sono in gran parte dovuti o collegati proprio al loro reddito
- che una scelta libera non è l'equivalente di una situazione obbligata in cui il pensiero è il contrario, cioè trovare un modo per avere di più per essere tranquilli perchè 15k dollari l'anno non permettono emergenze 
- che la coppia non vive l'ansia dell'emergenza (ad esempio sanitaria) e può cambiare idea in caso di necessità in qualsiasi momento cambiando radicalmente la propria capacità economica 

Questo non per fare il guastafeste della situazione, la storia è bella e non voglio togliere valore al gesto, ma a volte in nome di un'esaltazione del positivo dimentichiamo variabili meno poetiche ma reali.

mercoledì 18 gennaio 2017

Il sesso come insulto, rifondare il dibattito

In questi giorni sto pubblicando molto sul genere, lo so anche se questa non è una pagina dedicata al genere, ma è anche vero che in questi giorni mi sono spesso imbattuta in tante pagine anche ironiche o assolutamente non legate ai generi, che, come da lunga tradizione, usano e incoraggiano l'uso del sesso come insulto verso le donne che hanno in quel momento un qualsiasi tipo di potere (vale spesso anche per gli omosessuali e per le donne che hanno il potere di far sentire gli uomini frustrati o esaltati, per il potere decisionale a livello poltico, per il potere di parola che influenza l'opinione pubblica in bene o in male e così via, a prescindere da quanto siano capaci o incapaci), pagine anche carine, divertenti, che poi cascano sull'offesa alla professionalità dei personaggi femminili ricorrendo al sesso punitivo, (il cazzo come vergogna "le piace il cazzo" il cazzo come strumento punitivo "merita di essere inculata", "merita lo stupro" che normalmente viene augurato agli uomini solo, assurdamente, in caso di stupro cioè il viscerale occhio per occhio dente per dente).

Il sesso come umiliazione si rifà sempre alla questione se ti piace il sesso allora vali di meno, è una sorta di cortocirucuito nella mentalità maschilista per cui le donne sono apprezzate in quanto sessualmente attraenti ma non devono apprezzare la sessualità, devono essere disponibili ma controvoglia, devono essere belle ma possono essere attaccabili se troppo belle ("è un cesso", "si veste come una puttana", cioè dovrebbe essere bella per meritare attenzione ma discretamente per non essere notata solo per quello o più semplicemente non esserne consapevole per essere ancora una preda accessibile).

Il cortocircuito in pratica le fa tornare ad oggetto del sesso ma non a partecipanti dello stesso, se partecipanti volontariamente, queste diventano deplorevoli, sporche, non meritevoli di ascolto/stima/capacità/responsabilità.



Quando questo avviene nel momento in cui andrebbe criticata la professionalità o l'atteggiamento non inerente al sesso di una donna di più o meno potere, significa tenere nella conversazione sempre presente che la donna è primariamente qualcosa che ha a che fare con il sesso e non con l'ambito della critica, si riduce a un oggetto, a qualcosa di debole e che rende più forte in automatico chi sta attaccando, a prescindere che ci siano delle buone ragioni o meno, è come il classico modo di dire per non avere l'ansia in pubblico: "immagina il tuo pubblico nudo".


Per le donne soprattutto esposte pubblicamente, questo è una costante che mina la possibilità di crescere professionalmente ma anche di ricevere critiche sensate. Questo tipo di problematica infatti ha effetti non solo sulle donne in quanto vittime dell'attacco e tutte le donne che in qualche modo vengono accomunate all'oggetto tramite l'effetto alone, (infatti normalmente se si attacca in questo modo una donna, con un effetto alone questo tipo di attacco si estende anche ad altre, vedi la Boschi con la Boldrini, un tipo di attacco che le unisce in quanto politiche e donne che non si applica allo stesso modo a politici e uomini) ma anche in quanto favorite da una non argomentazione, mi spiego, nel momento in cui si attacca per i motivi sbagliati, una parte di persone si sentirà in dovere di schierarsi contro il tipo di attacco perchè in effetti ingiusto e deplorevole, il focus del discorso quindi automaticamente cambierà e diventerà molto difficile portare avanti il tema iniziale, è quello che succede spesso nella politica per indebolire un argomento o un politico, si attacca lateralmente, si disperde il punto affinchè quel punto semplicemente importi molto meno del suo effetto.

In queste pagine infatti (ma vale in generale per tutte le conversazioni in ambienti non conclamati che includa il femminismo tra le tematiche) alla risposta dei loro stessi utenti con la parola sessismo, rispondono senza argomentare sul tema, ridicolizzano, sviano l'attenzione ecc.. anche davanti ad argomentazioni sensate non rispondono, rispondono sulle virgole, gridano al comblotto, si invocano le classiche fattele due risate, insomma non rispondono per argomenti, eliminando di fatto le possibilità di avere un dialogo o un dibattito.


Togliere il dibattito annulla ogni sforzo e soprattutto toglie significato alle stesse parole, che diventano accettabili solo in contesti estremi e non nel quotidiano, si riduce ad eccezione.

Allora mi sembra necessario riportare in auge il fatto che un dialogo o un dibattito, che sia una serie di commenti o che sia una conversazione al bar, è un elemento importante della nostra società, è in grado di formare opinioni o mantenerne, richiede quindi che ci sia una responsabilità in chi dialoga, in chi dibatte, soprattutto pubblicamente, è necessario quindi, che siano rivalutate nella loro importanza: le motivazioni, le argomentazioni, e tutti gli strumenti di senso, come la statistica, la semantica, le logiche prive di sofismi.

Importante è dunque, rifondare il senso di dibattito attraverso le opinioni da riproporre su basi solide in grado di essere discutibili e difendibili, perchè altrimenti ci riduciamo a ridicolizzare quello che non ci convince, non approfondirlo e lasciarlo galleggiare in mezzo a fazioni pro o contro che non si incontrano tra loro creando di fatto, una società a scomparti dove un'ingiustizia viene rivendicata da un gruppo e perpetrata nell'altro, ma anche dove la comprensione di quello che non è un'ingiustizia anche se lo sembra, genera incomprensioni senza vedere il positivo (per esempio anche negli stessi gruppi femministi ci sono estremizzazioni su cosa è sessismo, un dibattito interno o con l'esterno, se non è vissuto come una fazione bi-opinionistica, può risolvere e canalizzare meglio le energie del gruppo, facendo portare avanti le cause significative).

venerdì 13 gennaio 2017

Antisessismo, una pagina sessista

Vado su facebook e mi vedo questa fantastica infografica in bacheca.


Sono sarcastica ovviamente.

Sorpresa da questa infografica piuttosto improbabile che vedo condivisa da contatti non sessisti il mio senso della bufala pizzica e decido di andare a vedere le fonti, in particolare perchè mi colpisce il dato fantasmagorico di un perfetto 50 e 50 di violenze domestiche e stupri diviso per i due generi maschio/femmina.
Un po' come se acido buttato in faccia, fatto ingoiare, omicidi-suicidi, coltellate di "troppo amore", o immersioni nella benzina con cerino acceso fossero ogni giorno divisi equamente fra uomini e donne, ma anche stupri per strada, o in casa, o le violenze domestiche fossero divise equamente in un perfetto 50 e 50 che ha del surreale.

Insomma visto questo vado a vedere la fonte che poi si rivela essere lo stesso sito della pagina che lo ha pubblicato che si chiama (e qui viene da piangere) Antisessismo che poi cita delle ipotetiche numerose ricerche fatte in diversi paesi (???) poi corregge dicendo che sono da Fiebert, non citando però il fatto che è vero che sono state effettuate ricerche da questo autore, che hanno dato questo risultato ma che in effetti non solo lo studio ha ricevuto numerose critiche sia per il sistema di verifica, sia per la non specificazione della differenza tra le violenze dei due generi ma che lo stesso autore ha poi ridefinito in parte le sue affermazioni. 

In merito a questo infatti, lo stesso Fiebert successivamente alla ricerca, alle critiche mosse e alle richieste e al programmare azioni contro il fenomeno, parla poi di un differente grado di gravità per il potere esercitato dagli uomini, per la violenza utilizzata e per la volontà e l'azione di uccidere tipicamente maschile che rende le donne di fatto vittime primarie e fenomeno di priorità su cui investire. Ovvero uomini e donne in coppia sono (secondo la ricerca di Fiebert ma non su molte altre che trovate nel link seguente) ugualmente aggressivi ma le donne lo fanno per difesa e gli uomini lo fanno per controllo, che già non è proprio la stessa cosa, inoltre le donne, vuoi per corporatura o per grado di aggresssività o motivazione fanno danni non ingenti mentre gli uomini fanno danni fisici ingenti sulle donne, denotano insomma maggiore violenza, controllo economico e infine sono gli unici (salvo rari casi) a uccidere, le donne inoltre in generale risultano molto più spesso vittime dei propri partner, dato non riscontrabile per gli uomini; e questo a detta detta di chi difende la ricerca. (il link alle ricerche, dichiarazioni e critiche lo trovate qui)

As both Fiebert and Archer point out, although the mathematical tally of physical acts in these studies has found similar rates of IPV amongst men and women, and high rates of bidirectionality, there is general agreement amongst researchers that male violence is a more serious phenomenon, primarily, but not exclusively, because male violence tends to inflict more damage than female violence.[63][64] Male violence produces injury at roughly six times the rate of female violence.[37]Women are also more likely to be killed by their male partners than the reverse (according to the US Department of Justice, 84% of spousal murder victims are female),[62] and women in general are more likely to be killed by their spouses than all other types of assailants combined.[65] In relation to this, Murray A. Straus has written "although women may assault their partners at approximately the same rate as men, because of the greater physical, financial, and emotional injury suffered by women, they are the predominant victims. Consequently, the first priority in services for victims and in prevention and control must continue to be directed toward assaults by husbands.

Vorrei aggiungere che questo non vuole essere un delegittimare la violenza che anche gli uomini possono subire e sicuramente subiscono, ma che il fenomeno non è quello descritto dalla pagina o dall'infografica, che il tipo di minaccia è stato validato come più violento e pericoloso in termini di incolumità quando è l'uomo sulla donna rendendo il fenomeno più allarmante. Una violenza è sempre una violenza, che sia su uomo o su donna ma purtroppo questa pagina "Antisessismo" cerca di manipolare i dati e le statistiche anche di fenomeni molto seri quale la stessa violenza sugli uomini che fatica ad emergere come una realtà valida e degna di attenzione, anche grazie a pagine che diffondono il falso insieme al vero, trattano i dati in modo superficiale e piegato per ottenere like e consenso, non c'è da stupirsi se i commenti sono tutti positivi poi, infatti l'admin banna e cancella tutti i commenti che abbiano argomentazioni valide ma discordanti su cui i suoi utenti potrebbero ragionare.

Poi tornando all'infografica infatti troviamo altre notevoli accozzaglie, tipo sì il dato sulle morti bianche non lo metto in dubbio ma è anche vero che i lavori pesanti sono fatti prioritariamente da uomini ma questo non per discriminazione degli uomini in tutti gli altri lavori che li obbliga a fare quel lavoro, non c'è discriminazione per gli uomini ma semmai è il contrario ovvero un campione si forma di più elementi di un tipo in quanto privilegiato rispetto al tipo opposto e sì nasce da una discriminazione ma non verso gli uomini. Quindi il campione su cui fare la statistica è già di base tarato su una maggioranza maschile e porterà necessariamente ad avere più maschi che subiscono incidenti sul lavoro che femmine ma non c'entra nulla con una discriminazione o una sottrazione di diritti agli uomini.

Altra questione, affidamento dei figli, è vero che è dato prioritariamente alle donne, è anche vero che le donne a differenza degli uomini occupano maggiormente il proprio tempo di "lavoro di casa" tra cui il lavoro di cura, rispetto agli uomini --> qui la statistica tutta italiana sul tempo di conciliazione maschile e femminile
A questo naturalmente segue che per ogni figlio l'uomo che non ne ha l'affidamento, deve corrispondere un assegno di mantenimento (che serve alla cura dei figli non al mantenimento della ex moglie, una dinamica che fin troppo mi sembra di vedere totalmente ignorata nel momento del divorzio), se ipotizziamo un minimo di 300 euro per figlio (che è poco) e ipotizziamo due figli, un uomo si priverà di 600 euro al mese che con uno stipendio di 1300 per esempio porta ad uno stipendio netto di 700 euro al mese anche se con un full time. Una cifra molto bassa che per una persona adulta con costi di affitto, auto ecc..arriva ad incidere notevolmente sulla qualità della vita, questo è un discorso che varrebbe su qualsiasi affidatario che sia uomo o donna, in questo andrebbero approfonditi gli studi e aumentate misure per proteggere i figli senza che questo comporti un disastro economico per uno dei due ex partner coinvolti. Questo è un dilemma tra i tantissimi dilemmi sociali in cui il debole da difendere causa la nascita di un altro debole, ma non una questione di minor diritto per gli uomini, in quanto i figli sono prioritari nel conteggio economico ma serve, a prescindere appunto dal sesso (in quanto nei casi di affidamento al padre in ogni caso resta un assegno di mantenimento da versare dall'altro ex  coniuge) anche una misura di conciliazione che prevenga la povertà di chi versa gli alimenti.

L'infografica insomma è piena di accozzaglie di statistiche anche vere che però sono piegate ad interpretazione personale e vengono assemblate con altre false per produrre un sentimento specifico ovvero un odio in primis per le femministe e neanche troppo velatamente per qualsiasi diritto possa reclamare la donna.
La pagina infatti è anche espressamente contro le femministe e il femminismo che viene definito come un'invenzione insieme al patriarcato, la cultura dello stupro e l'ideologia gender (che è davvero inventata).

Quello che non ho capito di questa pagina è se si tratta di un insieme casuale di ignoranza e non, se è davvero convinta di quello che spaccia per vero o se è un sistema di fuffa molto maschilista ma travestito ad arte come antisessista.
Credo quest'ultima.
Un esempio ulteriore è il ribadire continuamente che il femminicidio non esista, per le stesse motivazioni che usano normalmente un po' tutti quelli che non hanno voglia di leggersi cosa sta a significare e perchè nasce una specifica parola (un po' come infanticidio per esempio... ma quello stranamente non lo contesta nessuno). 

Per essere una pagina antisessista approvare un incitamento al femminicidio (pure con la solita ironia delle due risate da farsi ogni tanto) mi pare poco credibile

La pagina si chiama "Antisessismo" ma nella sua lunghissima descrizione, se si clicca "Altro" si scopre che loro è una pagina MRA ovvero per i diritti degli uomini e che tratta CON antisessismo ma non di antisessismo, insomma un bel guazzabuglio per parlare di MRA ma fare in modo che chi si trova l'immagine e il titolo davanti non lo capisca e metta il like o la prenda per una pagina in qualche modo imparziale.

Un po' come dire che mi vesto con una maglia con su scritto "antifascismo" e poi però vado in giro a dire "vuoi mettere quando c'era lui". In questo caso sarei solo un coglione ma grazie alla regola dei like e la visibilità su fb e di conseguenza i click e di conseguenza i soldi da advertising, spargo il mio contenuto e attiro sempre più gente grazie ad una pagina a cui tutti mettono like facilmente anche senza guardare.

Insomma come al solito il problema è sempre quello, bisogna leggere le fonti e capire se sono reali, ma non solo, bisogna anche capire se un dato è sensato o no, se è contestualizzato, ad esempio le statistiche sono numeri, bisogna anche saperli interpretare, soprattutto quando, come in questa pagina, rivelano dati nascosti, di cui la ggggente non parla, non sono mainstream ecc....

In generale coltiviamo il libero arbitrio e la capacità critica di ragionare sulle questioni, non prendiamo di pancia quello che leggiamo, è facile, e tanto lo farei anch'io volentieri ma non ha senso, le problematiche di violenza e disparità sono importanti, la giustizia è importante e di certo non si può portare avanti in modo ingiusto e falso.

Aggiungo un riferimento all'articolo molto ben scritto di Mariano Tomatis su Wu Ming Foundation che si prende la briga di smontare la statistica comparsa sul blog di Astutisto Smeriglia e spiegare come sia facile buttare numeri usandoli a proprio piacimento.