lunedì 28 novembre 2016

25 Novembre contro la violenza sulle donne


Di parole se ne sono state spese tante sulla violenza, per questo oggi non voglio scriverci un'articolo, voglio solo mostrare qualcosa che parla da se, i dati, la definizione, questo contro la violenza che viene ripetuta dai colpevoli e potenziata dall'ignoranza.







Oggi, nei quotidiani, cosa c'è. (c'è sempre qualcosa nel caso fosse sfuggito, mediamente uno/due giorni)








venerdì 18 novembre 2016

La ri-qualificazione urbana spiegata attraverso il mio gatto.

Partiamo dalla parola: RIQUALIFICAZIONE.
Riqualificazione è una parola insidiosa perchè ha in se la promessa di qualcosa di più del semplice miglioramento, ha infatti al suo interno il dare per scontato che ci fosse prima una qualità più alta e allo stesso tempo che le variabili in gioco ora siano sinonimo di qualità bassa senza argomentazioni, semplicisticamente e dicotomicamente.

In qualche modo si insinua anche il concetto che ora c'è qualcosa o qualcuno che sta abbassando gli standard (e ovviamente non siamo noi) e in più che sia in qualche modo nostro diritto (e dovere) riportarli in alto, perchè è qualcosa che prima era e che ci è stato tolto.









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 (In foto: un gatto elegante e fotogenico a caso preso da internet)

La riqualificazione cittadina è il mantra politico del nostro tempo, riqualificare i quartieri urbani, la vita dei cittadini, la viabilità, i palazzi antichi, gli spazi pubblici ecc...

Riqualificazione è un concetto forte perchè è apparentemente non invasivo, e anzi, è auto autorizzante di quelle che sono le azioni che comporta, è composto da un  ri - ovvero la ripetizione di qualcosa di preesistente (quindi se già c'era è accettabile) e quel qualcosa è la qualificazione quindi il miglioramento.

In pratica parlare di riqualificare è come il piede di un venditore nella porta.

La riqualificazione parte di solito infatti con l'idea che un quartiere sia in balia di degrado urbano e mancanza di ordine pubblico, quello che non si dice però è che spesso si confonde in linea di massima, il brutto e l'economicamente poco appetibile con il pericolo o lo sbagliato.

In un ragionamento così dicotomico, si riducono le variabili e si esclude automaticamente che il degrado e la mancanza di ordine pubblico vengano da dinamiche ben specifiche non riferite sicuramente a una questione di edilizia o di imbellettamento.


(in foto: il mio gatto che ha usato il tempo in cui ero fuori casa per spiegarmi cosa significa essere un fattore di degrado ambientale) 

Secondo il ragionamento che ciò che non capisco e mi sembra brutto sia anche sbagliato, anche il mio gatto forse andrebbe riqualificato.

Soprattutto con la bella stagione perchè perde l'equivalente di almeno altri tre gatti in pelo (sorprendendomi continuamente per il non essere ancora diventato calvo) e questo non è bello e non è funzionale e di sicuro non mi diverte.

Perchè onestamente diciamocela tutta, i gatti non sono i pelouche che amavamo da bambini, e non sono quei batuffoli carini sui video e spettacolari in foto, i gatti quando li hai ti accorgi che costano un botto in spese veterinarie, scoreggiano se mangiano il cibo sbagliato (e fanno di tutto per mangiare il cibo sbagliato), hanno abitudini igieniche discutibili diciamo, ribaltano tutto perchè magari si annoiano e nonostante ti guardino e quindi lo sanno cosa gli stai sbraitando, di sicuro non smettono di farsi le unghie sul divano finchè non sei effettivamente in grado di staccarceli un'unghia alla volta.

E insomma anche il mio gatto ha dei difetti, brutti, che abbrutiscono quello che mi circonda rispetto ai miei standard (sicuramente non ai suoi), che oltre alle cose che apprezzo di lui, mi fanno disperare ma ancora non mi fanno venir voglia di comprare un pelouche a forma di gatto che finge di respirare su un cuscino nonostante ne esista la possibilità

Perchè? 

Non sarebbe ancora meglio se il mio gatto non dovesse fare affatto i suoi bisogni ma fosse un pelouche con le palpebre semoventi su cui specchiare il mio affetto e ricevere conforto a comando alla fine di una dura giornata?

Sarebbe un mondo bellissimo quel mondo in cui del mio gatto non resterebbe altro che la sua buffa dolcezza telegenica. 

O forse, e io la penso così, sarebbe un mondo terribile, di certo molto pulito e preciso, fatto su misura per me ma morto, sterile, avrebbe tolto al mio gatto la sua capacità di essere qualcosa di diverso da me, di vitale e autonomo, non in funzione di me, che ancora non capisco e con cui devo in qualche modo adattarmi per interagire.

La realtà è che è perfetto solo qualcosa che non è vivo, bisogna farsene una ragione.

Ecco riqualificare spesso equivale proprio ad un riportare il mio gatto all'immaginario che ne avevo da bambina come di un perfetto pelouche, bello, dolce, la cui cacca puliva mia madre e quindi non era un mio problema, rispondente ai bisogni più immediati della mia giornata eppure drammaticamente sbagliato.

Questo perchè riqualificare è in realtà prendere qualcosa guardandolo dall'esterno, decidere che non ci piace perchè non è bello secondo i nostri canoni, che non ci intrattiene, che non ci fa venire voglia di viverci, che non ha le caratteristiche che calzano perfettamente sulle nostre esigenze di persone di un certo e specifico tipo cioè con un reddito che ci permette di svagarci potendo anche selezionare più elementi di svago più costosi dei più bassi a disposizione, magari anche solo per vedere com'è uno svago nuovo o seguire gli amici in uno che non ci piace, una medio alta cultura (indirizzata come tutte le culture su determinati frangenti), di media istruzione, che vanno a teatro, guardano concerti famosi, acquistano gelato di un certo tipo, apprezzano i ristoranti di un certo tipo e leggono libri di un certo tipo, guardano alcuni programmi e non altri, in linea di massima si coccolano con cose belle e sensorialmente stimolanti in orario non lavorativo.

(il video è un tratto preso da un episodio di south park dove si parla del nuovissimo quartiere gentrificato SODOSOPA, l'episodio affronta proprio questa tematica ovviamente nel modo in cui lo farebbe un cartone come South park, lo consiglio)

Guardiamo un posto e spesso anche solo perchè non lo conosciamo, è diverso dai nostri standard e ci sembra difficile da capire, diciamo che è sbagliato, ci fa paura, non va bene perchè magari ci sono delle persone che secondo la nostra idea di benessere non ci fanno sentire sicuri, magari anche solo perchè sono vestite male, povere, perchè ci sono cose che non rientrano nel concetto di buona società, esistono i drogati, i ragazzi problematici che ti lanciano i petardi da dietro gli angoli, gli immigrati che parlano solo nella loro lingua e quindi non ci fanno accedere anche indirettamente alla loro conversazione, cibi etnici ma in posti che non ci fanno venire voglia di entrarci e sentirci come in un viaggio ma piuttosto posti dove il cibo è anche buono ma i proprietari sono lenti e poco efficienti e parlano strano e i tavoli sono brutti e di plastica e le pareti di un arancione veramente brutto. 

Noi siamo quelli rappresentati dai media, dai centri commerciali, dalla cultura e da tutto quello che ci circonda e ci conferma ciò che è giusto essere e che tutto per essere giusto dovrebbe essere fatto per noi.

Più che di riqualificazione si potrebbe parlare di accessibilità a un target selettivo. 
Che poi è banalmente una colonizzazione. a livello urbano, e questo si chiama gentrificazione.


In piccoli interventi può essere davvero semplice qualificazione di aree, per esempio una piazza progettata negli anni '80 che non viene usata perchè i lampioni sono rotti e le panche pure, ha senso rimettere il tutto insieme con l'idea che sia utilizzato da chi lo utilizzerebbe.

In grossi interventi però il tutto cambia, si inizia infatti a cercare di modificare radicalmente il tessuto urbano, si inizia normalmente con l'inserire un elemento diverso, una sorta di cattedrale nel deserto come la trilogia navile un palesissimo esempio di inizio di gentrificazione narrato e venduto come una svolta, il sogno possibile, e poi da quel fatidico primo piede nella porta, si cerca di spostare quello che non è adatto a quella cattedrale che è diventata oramai il mostruoso punto di riferimento visivo, incluse le persone.

Di solito si utilizza la cultura come cuneo su cui incentrare i più grossi interventi iniziali, cioè, come un titolo nobiliare per la borghesia appena nata, una sorta di lasciapassare per l'opinione pubblica, inattaccabile, in grado di sostenere l'immagine della ri-qualificazione e di chi la opera, togliendo dignità di parola a chi si manifesterà contro. Si tratta quindi, non  più che di una effettiva qualificazione della vita del quartiere, ma di una più attenta colonizzazione esterna, estremamente strategica
Altri elementi tipici sono il richiamo ad un improvviso bisogno di sicurezza, la focalizzazione sul degrado e di un idealizzato decoro e del millantato ordine pubblico. (consiglio vivamente anche alla fine di questo articolo di leggere il link).

è marketing strategico.

E come per il marketing è tutta questione di guadagno, chi investe infatti deve guadagnarci. non perderci ne fare beneficenza, è importante questo passaggio perchè bisogna che sia chiaro il fatto che si tratti di una questione economica, che nelle gentrificazioni la cultura in realtà non centra niente, in realtà si invade un posto, ne si sconvolge l'equilibrio, lo si trasforma per il gusto di un pubblico più abbiente e poi lo si rivende, esattamente come un rebranding.

Il fascino di vivere in un quartiere popolare senza il popolare, ad un prezzo rialzato.
Se qualcuno è familiare con le politiche di economia di prodotto saprò che il rebranding o anche solo il branding di prodotto comporta un accettabile mark up sul prezzo di acquisto (vedi i prodotti apple vs machintosh).

Vale la stessa cosa per i quartieri.

Dovremmo, noi come quel pubblico a cui sono indirizzate le grandi gentrificazioni, così come cerchiamo di essere consapevoli che quello che acquistiamo a volte ha conseguenze dannose e quindi ci limitiamo, accettare che non tutto è su misura per noi, e che questo forse è anche quello che ci permette di essere vivi, innamorati, incuriositi rispetto alla realtà che ci circonda e che forse è anche molto meglio accettare il nostro ruolo di partecipanti vs attori di potere la cui unica capacità è scegliere tra alcune opzioni che si contendono il titolo di più appetibili.

Dobbiamo a volte ricordare che effettivamente tutto è fatto già abbastanza per noi, per raccontare noi, per rappresentare noi, per parlare a noi, intrattenere noi, divertire noi, commuovere noi, ma soprattutto far spendere soldi e tempo a noi, internet, i media, gli eventi, i cibi, i libri, tutto è fatto per noi che possiamo acquistarli proprio perchè è fatto per essere acquistato, ma non si può pensare che possa valere anche per la vita degli altri, delle case degli altri, dei quartieri di tutti, degli spazi di tutti solo per avere un posto nuovo dove andare, anzi dovremmo essere in grado di porci nuove domande che sicuramente è difficile farsi quando ti promettono un nuovo grosso parco giochi.

Come cittadini abbiamo delle responsabilità prima di tutto di essere consapevoli di quanta importanza diamo a noi stessi e quanto questo abbia senso, quanto abbia senso la realtà posta in modo dicotomico, quanto parliamo di quello che in realtà non conosciamo davvero.

Prima di decidere che qualcosa non va bene, innanzitutto dovremmo conoscerlo personalmente, e significa anche che dovremmo prenderci la responsabilità di non esercitare potere su tutto quello su cui possiamo farlo solo perchè possiamo, che ben venga che esista qualcosa che non è nostro, non ci appartiene, perchè ancora può stupirci ancora può farci crescere, e soprattutto perchè se anche così non fosse, non ci è dovuto tutto e non necessariamente qualcosa deve essere in relazione a noi.

Ho fiducia nel fatto che se siamo riusciti a fare tanto casino per il glutine e l'olio di palma al punto da far creare intere linee prive di questi prodotti praticamente essenziali per alcuni brand, possiamo affrontare con serenità anche un'esame di coscienza sulla gentrificazione e il nostro ruolo assolutamente attivo nella questione.

Vi lascio con una nota ironica e popolare, con questo bellissimo pezzo di True detective che parla di religione ma calza molto bene anche con la questione gentrificazione e che ci aiuta a riportarci al nostro essere parte e non protagonisti assoluti.

The ontological fallacy of expecting a light at the end of the tunnel, well, that’s what the preacher sells, same as a shrink. See, the preacher, he encourages your capacity for illusion. The he tells you it’s a fucking virtue. Always a buck to be had doing that, and it’s such a desperate sense of entitlement, isn’t it?
“Surely this is all for me. Me. Me, me, me. I, I. I’m so fucking important. I’m so fucking important, then, right?”
Fuck you!
Per i non angolofoni:
La falsità ontologica nell’aspettarsi una luce alla fine del tunnel, ecco ciò che vende il predicatore,
come uno strizzacervelli. Vedete, il predicatore incoraggia la vostra capacità di illusione. Poi vi dice che è una fottuta virtù.
Che c’è sempre una ricompensa. Ed è come se vi sentiste in diritto in modo disperato ad averla, no?
“Certo, tutto questo è per me. Me. Me, me, me. Io, io. Sono così fottutamente importante. Sono così fottutamente importante, giusto?”
Fanculo!

mercoledì 16 novembre 2016

Di comunità e di altri demoni

Oggi parliamo di comunità.
La comunità è un intreccio di legami funzionali e sussistenziali che producono capitale sociale, cos'è il capitale sociale?
In sociologia Coleman lo ha definito come uno stock di risorse, quali fiducia, supporto, normatività, informazioni e altro.
Non solo, il capitale sociale è qualcosa che riproduce se stesso a livello collettivo e di cui si può beneficiare individualmente, è in pratica,  il vicino che ti conosce e ti tiene i bambini senza chiederti soldi quando hai un'emergenza, è il fornaio che ti conosce e ti fa credito, è prendersi cura del giardino condominiale senza doverlo determinare come proprietà, creare un orto e condividerne i frutti.
è un potenziale che si esprime in forme diverse a livello di comunità.
Possiamo trovare molti tipi di creatori di questo capitale, appunto banalmente un condominio con buona comunicazione e progettualità condivisa, social streets, associazioni, orti comunali, centri sociali e così via.
Cosa succede quando l'attore che produce capitale sociale non segue una normativa standard ma al contempo produce un enorme quantitativo (se così si può dire) di capitale sociale?
Succede che nasce un conflitto di interessi a livello sociale, necessariamente esistono dei risvolti che non sono compatibili con l'idea di politica condivisa, in particolare questi attori non hanno la stessa possibilità di essere sotto controllo, ma nemmeno di essere manipolati dall'esterno.
Allo stesso tempo sono difficili da quantificare in termini di valore e quindi altamente strumentalizzabili.
Prendo il caso non a caso degli spazi pubblici autogestiti, ovvero spazi che si fondano sul rapporto di rispetto reciproco per quanto riguarda la gestione cioè autogestione, che non segue una gerarchia verticale, che si rifà al concetto di consenso e non al concetto di democrazia e che gestisce uno spazio in modo anomalo con concetti quasi utopistici ma realizzati, restando ovviamente dentro una società che per quanto propositiva in ambito sociale, si basa comunque sul capitale come scambio per l'ottenimento dei beni primari, come classificazione di quella che è definita performance (anche sul sociale) e che basa la propria centralità sulla gerarchia tra diversi esseri umani legittimata con la democrazia.

Breve parentesi di spiegazione, il consenso è letteralmente il trovare un accordo realmente condiviso, che richiede più tempo, partecipazione e discussione, ma che è un arrivare a una soluzione condivisa fra persone di uguale valore, non quindi un voto di rappresentanza che rende vincente la maggioranza, ma una partecipazione collettiva alle soluzioni. Questo per esempio significa che se una persona ha più amici di un'altra la sua idea non sarà comunque vincente solo perchè può mobilitare più voti per i motivi sbagliati, il tutto è aperto e discusso a voce tra le persone che sono obbligate a vedersi in faccia e a riconoscere la paternità delle proprie scelte o argomentazioni.

Tornando agli spazi pubblici autogestiti, come questi possono trovare spazio all'interno di una società?
E perchè dovrebbero trovarlo?
Come è molto semplice, parlando di spazi senza autoreddito (ossia che sono composte da singoli che non guadagnano dalle attività che svolgono), la sopravvivenza sarà legata a:
  • Valore sociale delle iniziative: che generano circolarità all'interno dello spazio, motivazione a continuare le iniziative, supporto dei partecipanti
  • Rapporti positivi e buona comunicazione con il sitema esterno soprattutto di vicinato: per permettere uno scambio e mantenere le attività all'interno del quadro fisico di riferimento
  • Partecipazione dei frequentanti: che producono le attività senza uno scambio monetario
  • Esistenza e condivisione di valori interni: che mantengano la struttura comune nel tempo anche a fronte di diversità individuali
  • Sostegni monetari: per quelli che sono i beni primari inderogabili quali elettricità, luce, gas e altro a seconda del tipo di attività svolte
Se uno di questi fattori viene a mancare il sistema seppur positivo rischia il collasso interno o di essere estirpato dall'esterno come qualcosa di estraneo.
Questo perchè si tratta di suo già di un parasistema, un non luogo rispetto alla legislazione, alla politica e al sistema economico.
Questo significa che spesso anche le attività più complesse e migliori si trovano a far fronte a difficoltà sostanziali che possono decretarne la fine, a prescindere da quanto siano utili per la stessa società che li rigetta.
Un caso è Casetta rossa di Roma, un luogo di autogoverno, che produce cultura, aggregazione, fa da crogiolo di attività e iniziative sostenibili e ad alto impatto sociale ma rischia uno sgombero dall'amministrazione, a poco serve il fatto che anche giornali come Internazionale si schierino per il mantenimento senza rischi di questi luoghi.

 Un altro caso più drammatico è quello di Atlantide di Bologna che ha visto susseguirsi un insieme di rimbalzi di responsabilità e inasprimenti fino al suo sgombero effettivo.
Cosa è successo ad Atlantide? è successo che hanno vinto pochi rumorosi contro tutta la rete di persone, collettivi, e conseguenze positive che lo spazio creava. è stata una perdita da parte del Comune che invece di accordare ha preferito defezionare, di fatto non prendendosi la responsabilità in quanto pubblico di tutelare il pubblico.

La cosa disdicevole in questi casi non è tanto la preoccupazione dei cittadini, quanto la malainformazione e la strumentalizzazione che ruota intorno a questi sgomberi e a queste incertezze.
Questo non significa che non possa esserci effettivamente troppo rumore alle serate o altre situazioni di disagio ma in rapporto costi-benefici sarebbe totalmente capovolta se le informazioni non fossero il più delle volte completamente scorrette.

La popolazione normalmente ha alcuni preconcetti quali:
  • Chi occupa questi spazi è fuori rispetto alla società "normale", è uno studente, non lavoratore, nullafacente ovvero non ha la capacità socialmente riconosciuta di fare scelte o avere responsabilità; sbagliato, i centri autogestiti, soprattutto di lunga data sono in realtà gestiti da persone che lo fanno per passione, non tutti, ma non sarebbe possibile la gestione di un edificio, per decine di anni con tanto di manutenzione, attività e diffusione, se le persone al suo interno fossero dei nullafacenti o fossero tutti studenti senza lavoro, soprattutto perchè a voler fare i conti non uscirebbe mai uno stipendio dalle attività
  • Questi spazi ricevono fondi pubblici; sbagliato, il concetto di autogoverno e autogestito sta proprio nel fatto che questi spazi non ricevono fondi pubblici di alcun tipo
  • Non pagano le bollette; sbagliato, anzi pagano spesso bollette molto alte proprio perchè l'uso che se ne fa è pubblico, le pagano anche perchè non pagarle sarebbe un'ulteriore esposizione allo sgombero e alla precarietà che li contraddistingue
  • Non pagano l'affitto; quasi sempre vero, questo non perchè ci sia un affitto non rispettato ma perchè si tratta di spazi messi al bando pubblico o dismessi e abbandonati e di difficile utilizzo che per non essere appunto dei luoghi abbandonati e di degrado (per degrado intendo luoghi dove si favorisce il proliferare di attività che si trovano a proprio agio nel restare nascoste, quindi sono spesso illegali, rischiose e capaci di ledere quali spaccio, prostituzione, violenza, a questo proposito ricordo quando si parla di degrado anche in termini di spazi autonomi che questi invece sono pubblici, ovvero le attività sono visibili, frequentabili e verificabili da tutti, vicini di casa compresi, anche molto più verificabili di una scuola o un qualsiasi spazio considerato sicuro perchè pubblico). La sistemazione di questi posti richiederebbero al Comune di spendere fondi che non ha per la messa in uso (vedi l'accordo con Casetta rossa), questo è anche il motivo per cui spesso hanno apparenze inavvicinabili, sono posti che subiscono massivamente l'uso pubblico, non sono manutenuti con grossi fondi e quindi non hanno spesso un bell'aspetto, anzi più sono grandi, più sembrano poco "socievoli"
  • Fanno solo feste; sbagliato, anzi a dire il vero è esattamente l'opposto, le feste sono in realtà, momenti molto pesanti per gli spazi, in quanto chi li gestisce, deve gestire le feste, questo significa, gestire i suoi avventori, gestire le pulizie e la cassa. Perchè vengono fatte le feste? Perchè come dicevamo il sistema per quanto autogovernato è incastonato nella società e come tale ha comunque bisogno di capitale per quanto riguarda al minimo le utenze e su altri livelli anche il finanziamento dei materiali stessi per le attività, ovvero il capitale è imprescindibile e dovendolo spendere senza prendere soldi pubblici ma pagando le bollette e/o affitto, si necessita di raccoglierne. Basterebbe andare alle feste per accorgersi che i "gestori" del posto non sono quelli che festeggiano.
  • Spacciano; sbagliato, ma è vero che attirano anche persone con problemi di abusi, questo vale per gli abusi di sostanze legali, illegali ma vale anche per tutte le tipologie di personalità socialmente considerate problematiche, quali senza tetto, persone con problemi o disagi di vario tipo, economico per esempio. Perchè succede? Perchè gli spazi sociali sono posti che accolgono e non giudicano fintanto che non si lede il rispetto altrui al suo interno, questo significa che una persona che abusa di sostanze ma non lede le persone intorno a sè può restare anche se questo significa che chi vede da fuori non è in grado di distinguere tra l'accettazione delle debolezze altrui e il tentativo di non renderle uno stigma sociale con un luogo che nasce per promuovere quelle debolezze. 

Come vengono abbattuti gli spazi autogestiti.
Sostanzialmente vengono abbattuti quando il Comune o è contrario a priori, o quando la pressione sociale si fa abbastanza forte da far sì che il Comune non voglia rischiare di perdere buona fama, o quando lo spazio può essere "più utile" venduto a qualche privato che farà attività più belle esteticamente e sicuramente non più utili socialmente come tendenzialmente qualisiasi attività sia fatta per un surplus di utile.
Questi casi sono molto frequenti, il primo è tipicamente il caso dei governi di destra, che basano intere campagne elettorali sulla promessa della chiusura di spazi autogestiti, facendosi falsi garanti della buona società attraverso una forte malainformazione che difficilmente i cittadini andranno a contestare, ad esempio vi pongo un caso molto "divertente" ed emblematico che ha presentato "Insieme Bologna" contro l'xm24, pensare che una delle motivazioni che spingono questo comitato è la questione del degrado dei vetri rotti in strada a seguito delle feste allo spazio.
Vi faccio un breve estratto sul perchè sia una siuazione assurda e anche un po' ridicola che sarebbe anche semplicissimo verificare: la questione vetri rotti come degrado da attribuire allo spazio autogestito viene posta in difesa delle attività commerciali di quartiere, la comicità sta nel fatto che in effetti dentro lo spazio è bandito il vetro, in particolare all'interno viene distribuito solo materiale in mais biodegradabile e agli ingressi alle feste viene sequestrato il vetro e buttato nella differenziata apposita, il che non solo significa che il degrado "del vetro" non è creato dallo spazio e che anzi questo lo disincentiva fortemente ma che molto probabilmente è proprio creato dai commercianti della zona che invece sono autorizzati a vendere vetro e in effetti lo vendono lucrando sul fatto che le feste dello spazio aumentino le proprie possibilità commerciali. 
Di fatto si crea la situazione per cui la colpa è della festa ma non di chi ci lucra.
Quella citata è solo una delle tante parti tristemente divertenti delle accuse che si muovono contro i centri autogestiti, tristemente divertenti perchè se le informazioni venissero verificate si scoprirebbero semplicemente assurde, tristemente perchè nessuno si prende la spesa di tempo di verificarle ma in troppi si prendono la responsabilità di condividerle.
Per esempio credo che le più assurde sono quelle accuse che parlano del degrado su posti che fanno in realtà da coadiuvante all'inclusione sociale di fasce di popolazione che finirebbero molto probabilmente nel tritacarne di mafie nostrane, circuiti di violenza, alienazione sociale e quello che viene effettivamente connotato come degrado, ovvero il maltrattamento della città da chi non se ne sente parte.

Prima di proseguire vi lascio un link a un articolo correlato "il pubblico e il privato nella guerra all'integrazione".

Torniamo allora alle prime due domande, e rispondiamo alla seconda:
Perchè questi spazi dovrebbero trovare luogo all'interno di una società?

Partiamo dal presupposto di cosa si intende per attività che fungono da coadiuvanti sociali.
Gli esempi più comuni sono le palestre popolari, i corsi di italiano per migranti, serate di approfondimento e spettacolo gratuite sulle tematiche sociali, formazione sui diritti, dibattiti, partecipazione di spazi diversi e collettivi diversi, ciclofficine popolari e altre che possono variare da spazio a spazio come laboratori di approfondimento sull'antisessismo, sul vivere sostenibile, sul riciclo ecc....
In pratica si parla di attività gratuite che sostengano l'evoluzione della società verso una capacità umana più forte sui temi comuni, più consapevole del rispetto dell'altro e metta in contatto persone e realtà diverse favorendo lo scambio.
Ovviamente le attività qui dette non costano soldi pubblici, questo perchè non c'è autoreddito, ma producono comunque bene pubblico, in primis il bene che deriva a un quartiere dall'inclusione di tutta la sua popolazione a prescindere dalla situazione economica, in attività sociali e di apprendimento. Paliamo soprattutto di quelle fasce deboli e spesso problematiche rispetto all'alienazione sociale quali le fasce più povere italiane e non , i figli di queste fasce, gli immigrati senza appoggi o similitudini culturali, gli studenti.


Sul discorso immigrati in particolare mi verrebbe da chiedere, come pensate che possano relazionarsi se non conoscono l'italiano, se non si aprono alla popolazione?
Certo c'è chi risponderà che non dovrebbero essere qui allora se non possono integrarsi, credo che chiunque sia disposto ad affrontare un viaggio su un mezzo di fortuna, mettendo a rischio se stesso e chi si ama, chiunque sia disposto ad abbandonare casa propria e tutto ciò che conosce e consideri familiare e identitario per un salto nel vuoto abbia delle ottime motivazioni che non sta sicuramente a chi questa scelta non la deve fare, disquisire o giudicare.
Quello dell'integrazione è un processo che spesso è lasciato al pubblico che però non ha i fondi e al quale si accusa di usare i fondi che ha per questo problema in un loop senza fine che favorisce paure e nonsense rispetto a una reale soluzione. 
Gli spazi sociali favoriscono il processo di integrazione attraverso insegnamento della lingua e mentalità inclusiva nonchè contaminazione culturale grazie anche alle attività stesse che favoriscono un incontro, lo fanno e non costano al pubblico.
La stessa cosa vale per le fasce povere italiane e non, che possono contare sulla possibilità di mantenere rapporti sociali, integrazione e attività inclusive o di supporto, quali la palestra o la ciclofficina senza dover rinunciare e contando su dei servizi che funzionano da ammortizzatori.
Questo vale anche per chi esce da un percorso di droghe, o ne è all'interno, da chi si auto-emargina perchè non rientra in ciò che è normale, nello spazio sociale è accettato.

Quando vedete uno spazio sociale cercatene il programma su internet, entrateci, non lasciatevi offuscare dal pregiudizio perchè se da fuori ci vedete tutto quello che per voi è auspicabile non esistere in una società, sappiate che quello esiste lo stesso e la regola del not in my back yard non ha mai davvero funzionato se non per generare mostri.
Perchè quello esiste lo stesso, la differenza sta nel fatto non di decidere che esista o meno, non ne abbiamo alcun potere, ma nel pensare che sia meglio che qualcuno che non ci sta lucrando se ne prenda cura piuttosto che si lasci al caso e a chi a porte chiuse ne trae vantaggio e queste il più delle volte sono un male meno brutto da vedere, meno rumoroso il sabato sera ma peggiore, si chiamano mafie, camorre, 'ndanghete, sacre corone unite, si chiamano usurai. 
E per carità se ci piace il campanilismo quelle spesso sono tutta roba nostra, italiana al 100% da generazioni.


Ai Comuni che approfittano di queste paure, di questa malainformazione e di questa discriminazione vorrei far notare che è assurdo pensare di chiudere qualcosa che vive per la passione di chi ci abita per produrre cultura e integrazione, e certo non è il solo ma si prende la briga senza un compenso di fare qualcosa di positivo e che suo compito dovrebbe in primis essere in grado di spiegare perchè è un bene che nei centri, nei quartieri esistano degli spazi del genere e perchè vanno protetti da chi li strumentalizza.
Perchè è vero che dentro ci passa chiunque, ma come pubblico questo anche quando da fastidio è un valore non un problema, non si può pulire da quello che non ci piace gli spazi sociali perchè vorrebbe dire separare quelle fasce di popolazione che non ci piacciono da quelle che ci piacciono e questo anche se fatto con le migliori intenzioni significa ghettizzare.
Significa che se io obbligo quello spazio a versarmi un affitto quello o farà più feste diventando molesto o dovrà inserire dei prezzi per coprire i costi, di fatto eliminando parte della propria capacità di abbattere le differenze.
Significa che se io lo tolgo dalla sua sede e lo sposto ho privato il posto da cui è nato e tutti quelli che ne usufruiscono della socialità e dei servizi che produceva.
Come Comune devo avere la lungimiranza di riconoscere queste realtà e favorirle anche non intereferndo con i processi di gestione interni visto che già funzionano, consiste nel pensare al bene sociale che produce un elemento in una comunità piuttosto che alle grosse lamentele di pochi, così come posso fare da mediano e contrattare sui punti salienti, ma non posso fingermi banderuola della situazione perchè essendo Comune devo sapere quali sono i valori prioritari e quali quelli solamente salienti.

venerdì 11 novembre 2016

Post Elezioni Americane, il divario massa critica e società intellettuale

Chi è Donald Trump sta emergendo chiaramente ora per noi italiani ma forse anche per gli altri, prima delle elezioni la sua immagine è stata il fluttuare di disgustate occhiate da parte del mondo intellettuale, cartoonisti, illustratori, giornalisti ecc... che lo definivano più o meno all'unanimità come la barzelletta di un ricco imprenditore, dedito agli eccessi, razzista, dedito ai piaceri, sessista e altri aggettivi, tendenzialmente volti a formare quello che è il quadro di una ridicola macchietta che sputa su ciò che è diverso e tramuta in oro ciò che tocca ma solo perchè è una persona senza principi morali, tendenzialmente grazie all'elevazione di se stesso lontano da principi "buoni" quali la cooperazione, il rispetto delle diversità, la moderazione.
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Partiamo dal presupposto ovvio, le elezioni americane hanno visto come vincitore della corsa alla presidenza degli stati uniti Donald Trump e questo lo sanno anche i sassi.
Chi è Donald Trump? è questo e anche altro, è una persona prima di tutto fortunata che nasce da una famiglia ricca, in epoca di boom economico, studia e nonostante i possedimenti che ha e le competenze maturate si rende famoso per fallimenti, scandali sullo sfruttamento lavorativo degli immigrati (che però vuole attualmente cacciare dal paese), divorzi e in generale forma un'insieme incoerente di fatti rispetto al suo ruolo attuale che non scalfiscono comunque il fatto che attualmente sia l'uomo con maggiori poteri nel mondo.

Il quadro generale di Donald Trump è in realtà quello di un personaggio istintivo, predatorio, materialista, diretto, egocentrico, individualista e dedito alle catastrofi perchè può permetterselo, che vede l'obiettivo ma non il percorso nel senso che tutto sommato non è importante e infatti si sposa, investe, ed è come un treno che deraglia continuamente restando sui binari grazie ai soldi che ha e la mancanza di scrupoli che gli permettono di vivere meglio di quelli che calpesta proprio perchè li calpesta.
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Come tutte le destre che stanno avendo successo in Europa, ma soprattutto come per il caso Brexit, la società intellettuale rimane scandalizzata per l'ennesimo risultato assurdo della popolazione rispetto a quello che sarebbe stato "giusto" in merito a decisioni di vitale importanza politica.
Questa situazione esacerbante è sempre più evidente e dimostra sempre di più una cosa, la società intellettuale composta da chi fa informazione, chi analizza, chi studia e chi ha un'opinione ragionata e costruita su basi solide ma difficili da comprendere in via immediata è totalmente distante dalla massa critica che vota. 
Le argomentazioni per la vittoria della controparte c'erano, al punto che già si dava per scontata l'elezione della Clinton, e si ironizzava sul fatto che dopo tanto tempo che ci prova almeno con Trump andava un po' sul "ti piace vincere facile".
Trump a pochi giorni dalle elezioni è stato persino rigettato dal suo stesso partito (che ovviamente ora lo segue) per le dichiarazioni sessiste che ha fatto, nonostante questo, alla Clinton si fanno attualmente ramanzine e analisi di bassa lega sulla esagerata serietà, sul modo dinastico di fare, sulla sua eccessiva rigidità da femmina al potere
Io onestamente penso che si potevano avere dei dubbi tra i due candidati rispetto ai rapporti che la Clinton avrebbe intrapreso con la Russia, ma questo se non ci fosse stato Trump come avversario perchè per quanto ci potessero essere dubbi sulla Clinton, c'erano certezze su Trump.

Il parallelismo con Berlusconi
La maggior parte degli italiani lo paragona a Berlusconi, e anche lì politica, popolo italiano e intellettuali erano in un periodo di stanca a comparti stagni per i quali non si capivano e non si impegnavano a farsi comprendere, soprattutto c'era un'enorme calo di fiducia da parte degli italiani verso "i soliti politici".
Berlusconi era un volto nuovo, al contempo conosciuto per qualcosa di bello, quotidiano e a suo modo rivoluzionario, i canali televisivi, era diverso dai politici a cui si era abituati (e che avevano tradito la fiducia e le ideologie su cui si basavano) prendeva in giro se stesso, compariva in completo blu, curato, aveva un'aria volenterosa e vivace, era soprattutto un "self made man", l'imprenditore nato dal basso, la persona pragmatica, capace, con pochi discorsi comprensibili e allo stesso tempo non privo di difetti quali quelli per i piaceri umani (che è poi quello che soprattutto lo mette in comune con Trump), i cosiddetti peccatucci, non lo si condannava perchè in fondo il sessismo dell'era berlusconiana tramite le sue reti, le sue comunicazioni e non solo, passavano per "amare le donne", umorismo e divertentismo, che per molti è una cosa semplicemente positiva, anche per le donne e lo è tuttora basta guardare Colorado o gran parte delle pubblicità.
Insomma la società intellettuale si sorprendeva e sbalordiva ma la questione era semplice, i discorsi fatti da loro non arrivavano e se arrivavano erano incompresi, complessi, giudicanti e privi del contesto culturale necessario a comprenderli.
Il contesto culturale significa che c'era una sostanziale distanza tra la società cosiddetta intellettuale e la società pop, e soprattutto c'era un forte misunderstanding su quanto a quest'ultima potesse interessare o valutare importante la prima, mancava la capacità di capire la differenza tra sessismo e piaceri, la differenza tra dare una mano a un amico e la collusione o la concussione o la corruzione, la fiducia verso i mezzi di stampa, verso i politici e soprattutto era estremamente collegato il filo di associazione tra scarsi politici e discorsi complessi. Come dire, più fatti e meno parole. 
In più Berlusconi era umano, vicino ai difetti della popolazione che lo votava, dotato dei vizi comprensibili a tutti gli esseri umani, per chi lo ha votato questo, e gli intellettuali non lo capivano, era un surplus non un minus.

C'è voluto moltissimo prima di scalzare Berlusconi, troppe nefandezze, incoerenze e per quanto sembri strano a molti di quelli che si scandalizzavano dell'assurdità delle elezioni, il popolo italiano non è stupido ma sicuramente è confuso e male informato e sfiduciato e continuerà a esserlo perchè non sa di chi deve fidarsi e non ha un contesto ne gli strumenti che gli permettano di capirlo.
Non a caso la rabbia cresce e infatti dopo la caduta ideologica di Berlusconi, (perchè è stata un'epoca ideologica fatta di promesse, entusiasmo, praticità ideale e neoliberismo, la caduta di ideologie a lungo termine vs la nascita dell'ideologia della ricchezza e del "nessuna ideologia di chiacchiere") c'è ancora più rabbia e si assiste a estremismi ancora maggiori che sorgono con il Movimento 5 Stelle (che si occupa di grandi temi in piccolissime manovre e molta indignazione, strane gerarchie e internet, il grande amico/nemico del nostro tempo) Lega e un personaggio ancora più insultante e pesante quale Salvini.

Tornando agli U.S.A.
Gli Stati Uniti hanno avuto Obama per due mandati e poi (e il sessismo un po' fa la sua, perchè ricordiamo che Hilary Clinton sarebbe anche stata il primo presidente donna e non era una cosa da poco) hanno scelto Trump.
Trump nei suoi vaneggiamenti è comprensibile, illude, promette, ride, da soddisfazione a quel lato basso della nostra coscienza che in fondo vuole proprio essere uno come Trump, uno che tutto sommato se ne frega degli altri, dell'ambiente, delle donne, di fare autoanalisi, di capire il prossimo e gli immigrati e finalmente ottiene, vive bene, senza crucci, se vuole incazzarsi lo fa e poi va oltre.
Non ascolta nessuno, fa discorsi bassi, cattivi, senza filtri come quando si guida nel traffico, fa incazzare e non fa riflettere, ti porta a condividere quella bassezza e poi a ricordarti che lui può.
La società intellettuale parla di dati, numeri, passato, opinioni che spesso sono castranti per gli istinti, richiedono una mole notevole di informazioni che richiedono una mole notevole di tempo, richiedono capacità di autogestirsi, di criticarsi, in un certo qual modo quindi anche un po' di farsi del male perchè non ci si lascia liberi, non ci si da sempre ragione, bisogna scendere dal nostro individualismo e capire discorsi fatti con termini a volte difficili, che non fanno più parte della cultura popolare ma solo di quella intellettuale, un percorso da zero, non c'è da stupirsi che non siano stati ascoltati. 
Il linguaggio è il veicolo primo dell'informazione, ma necessita di essere compreso e di accreditamento della cultura popolare ai media, ai linguaggi complessi che invece sono in effetti proprio sintomatici di una non appartenenza al pop dilagante. 
Facendo un'analisi macro, per avere credibilità a livello strutturale, la struttura deve essere accreditata dalla cultura per avere effetti sostanziali sugli agenti sociali, questo oppure si instaura una instabilità che vedrà uno dei due infettare l'altro. 
Al nostro tempo, se prendiamo l'informazione, possiamo identificare la struttura nei media autorizzati, negli esperti, nei sociologi, nei politologi, negli accademici, e la cultura, nella cultura di contesto, che attualmente è quella popolare e che è portavoce di neoliberismo, di sessualità, materialismo, velocità di comunicazione, individualismo... 
Chi parla o meglio chi dovrebbe avere l'autorità di parola su certe tematiche non è più accreditato dalla cultura dominante e quindi dal popolo stesso.

In un periodo così difficile da comprendere, dove invece sarebbero richieste proprio delle capacità logiche, delle terminologie corrette e specifiche, fiducia, capacità progettuale a lungo termine e una forte capacità di guardare anche a se stessi in modo critico, la personalità di Trump è, come Berlusconi, il trionfo della cultura popolare, che vede nelle personalità singole quasi la prova del proprio successo così come lo era Berlusconi e lo saranno altri, la sua decisione e il suo assoluto fregarsene di ciò che è corretto a livello sociale è una botta di sollievo a questa fatica richiesta invece dai democratici. Così come gli influencer, gli youtuber, i cantanti pop, spesso giovanissimi che appoggiano la propria capacità di mobilitare ed essere ascoltati da masse ingenti proprio al successo nella cultura popolare anche quando il loro campo è totalmente non inerente a ciò di cui parlano.
Chi ha votato non è stupido, non è disinformato ma non da credito a chi si occupa di queste materie, e ricerca quindi una personalità con una capacità di dialogo netta, forte, che sia una persona di successo in ciò che ritiene importante per se stesso, cioè la ricchezza, i piaceri, la fama, che non gli lasci dubbi e che gli porti vantaggi, economici, culturali (inteso come non doversi più confrontare con altri che non conosce, non apprezza, non vuole conoscere ) senza chiedergli continuamente sacrifici di cui non capisce il progetto. 
Sia chiaro, non è stupido ma sicuramente è piuttosto individualista ma è un dato di fatto, andrebbe affrontato prima questo.

martedì 1 novembre 2016

La società che rinnega la morte

Nel giorno dei morti, dopo i vari escursus mediatici storici tra Halloween, Ognissanti e giorno dei morti, parliamo di quella che stiamo vivendo come un'illusoria società immortale.
In un'epoca di testimonianze registrate, fotografate, digitali e fisiche, siamo sempre più vicini al concetto di immortalità che nel tempo è sempre stata esclusiva e potente capacità dell'arte. 
L'arte è sempre stata infatti un modo per rimanere nella memoria collettiva, la memoria sociale dei posteri e dei viventi al tempo presente, che attualmente, nell'epoca che viene spesso definita dell'individualismo, si è fatta ancora più rilevante. Innanzitutto perchè fugace, ma anche perchè allo stesso tempo più mastodontica e soprattutto percepita più vicina ad ognuno di noi. è percepita così vicina grazie all'informazione globalizzata e ai social network che ognuno si trova spesso a raccontare monologo a un pubblico che sta parlando. Tramandare se stessi è sempre stato un bisogno necessario, ma spesso inaccessibile ai più, per non restare solo un puntino biologico nella storia del mondo.

Ora l'arte dell'immortalità è di tutti, permea tutto e questa possibilità, unita al progresso scientifico e a un sorgere di nuove credenze ha anche definito la tendenza di una ricerca quasi ossessiva dell'immortalità anche fisica.
Lo vediamo ogni giorno con i tentativi continui e ovviamente fallimentari di trovare l'alimentazione perfetta per vivere più a lungo (possibilmente in eterno), gli esercizi migliori con un ritorno ossessivo della new age, il nostro bisogno anche di estendere questa immortalità al mondo animale rifiutandoci di mangiarlo, la nostra società vive attualmente in una bolla dove la morte può non esistere, è spettacolarizzata, è cinematografica ma non è realizzata nel quotidiano, abbiamo troppo da fare e sperimentare per poter morire.

Il nostro quotidiano relega la morte a qualcosa di esterno come i fatti di cronaca, i film, le guerre in altri paesi o nel passato, perchè?
  • La morte è un discorso terrificante per chiunque, il modo più primordiale per affrontarlo è sempre stato la religione, che narrava in qualche modo la nascita, le regole della vita e la morte dando a tutto un senso attraverso una grande narrazione collettiva, che sanciva non solo i misteri fisici ma anche le regole sociali. Attualmente la religione cattolica/protestante (parliamo sempre del mondo occidentale quando non diamo un riferimento diverso) ha perso il suo appeal e soprattutto la sua credibilità a fronte di una più approfondita conoscenza tecnica di noi stessi. Per molti versi anche gli stessi credenti non credono alla regola base del cattolicesimo che vede un giudizio finale con smistamento anime tra inferno e paradiso, di fatto eliminando da se stessi una spiegazione plausibile ma soprattutto accettabile della morte, la religione non è compatibile con il pragmatismo del neoliberismo
  • La scienza ci ha detto che ci decomponiamo, non ci sono prove che resti qualcosa di noi, è difficile in quest'ottica mantenere la morte presente nella nostra vita perchè non è parte di una narrazione che ci permette di capirla, accettarla, la scienza ci da informazioni ma sulla morte non ci da altro, e noi per come siamo biologicamente, ne avremmo bisogno
  • La scienza ha anche fatto passi da gigante nel combattere le malattie e prolungarci l'esistenza, in effetti molti di noi non vedono semplicemente la morte per gran parte della loro vita, in particolare le morti non per vecchiaia o incidenti o malattia, (in qualche modo lontane o allontanabili) pochissimi hanno avuto la sfortuna di assistere alle morti infantili (una questione all'ordine del giorno in epoca pre-vaccini) e la morte sembra in fondo qualcosa che è questione di tempo, verrà sconfitta dagli ultimi ritrovati tecnologici o quantomeno è sempre molto lontana da noi
  • La nostra immagine e anche quella degli altri sono costantemente immortalate (immortalato - reso immortale), perennemente fissate nella storia, se non collettiva almeno la nostra e quella di chi conosciamo, è difficile concepire la morte di qualcuno o qualcosa che esiste in modo così ripetuto, per noi è estremamente difficile, al punto che abbiamo effettivamente associato, senza accorgercene, il vedere qualcuno con l'immortalità dello stesso, esattamente come veniva attribuito in passato con il concetto di anima e di imbalsamazione.
In epoche non lontane, prima dell'arrivo degli ottimisti, rapidi, fattuali e "right here right now" degli americani, l'Italia vantava non poche tradizioni relative ai morti, tradizioni che a differenza della moderna versione di Halloween, era un avvicinamento ai morti, considerati parte della famiglia, così come del resto la morte era semplicemente parte della vita, il filo conduttore vivi e morti era più stretto, la morte era nel quotidiano. 
Non molto diverse dal giorno dei morti messicano che vede addirittura esporre i teschi decorati dei defunti, noi mangiavamo con i defunti, li aspettavamo nelle nostre case, addirittura li mangiavamo simbolicamente (qui trovate i riferimenti), insomma i morti erano di casa.
Non è un caso che sia la cultura americana, a mio avviso ad averci insegnato che in fondo la morte è lontana, perchè è una cultura che in bene o in male vede nei limiti solo una questione negativa ma sicuramente superabile, pensa al presente e rappresenta in toto la massima espressione del capitalismo che, non va dimenticato, è il mezzo espressivo dell'ideologia del materialismo e del neoliberismo, non è una critica spregiativa, è semplicemente un fatto che le culture abbiano alcune caratteristiche e siano portatrici di determinati valori.

Quella americana in particolare è orientata al valore materiale, al vantaggio personale, all'individuo come potenziale sul resto del mondo una volta abbbattuti i limiti che lo frenano, all'importanza della ricchezza, dello status, degli oggetti, al qui e ora, al pragmatismo, al divertimento, al meglio a livello personale.

Con il festeggiamento di Halloween nelle modalità attuali, ossia divertenti, pragrmatiche, senza simboli sentiti, materialistiche, abbiamo scalzato la morte dal quotidiano che durante l'anno tornava a dirci che esiste, che i nostri defunti sono esistiti e poi non ci sono stati ed è normale. Abbiamo gettato via la morte quando abbiamo scambiato i morti con i mostri cinematografici e i costumi e le decorazioni di plastica perchè non sono più morti sono buffi, non ci sono i nostri parenti a cenare con noi, ci sono i ricordi di film terrificanti che però sono finti e quindi va tutto bene. 
Siamo l'epoca del conforto e la morte non poteva assolutamente trovare un posto se non a sorpresa e di nascosto.