Droghe, suicidio, forze di polizia ed educazione.
Questi i temi che stanno rimbalzando nei media negli ultimi giorni, da quando a Laterza si è suicidato un ragazzo di 16 anni in seguito ad un controllo antidroga da parte della polizia, scopertasi poi, essere stata chiamata dalla madre.
Preoccupata.
In tanti fra i media, si stanno schierando con la richiesta di una maggiore educazione sul tema, sul fatto che questo tipo di problemi (l'uso di droghe),
andrebbe seguito da personale in grado di comprendere ed educare, ossia psicologi, insegnanti, aggiungo in via più ampia e indiretta, sociologi, politici e in generale le figure che si adoperino in campo umanistico per comprendere in primis, e attuare poi, dei processi volti a sostenere chi si trova in situazione di disagio (l'uso di droghe, in questo caso specifico) ed eliminarne le cause.
Queste le antitesi, al rendere questa tematica un problema di polizia, cioè come viene trattato ultimamente, quindi un problema da risolvere in modo sanzionatorio piuttosto che inserendolo in un contesto più ampio.
Ci sono però alcuni punti che vorrei chiarire (anche ripetere) rispetto alle questioni poste, cioè alla richiesta di educazione.
Innanzitutto premetto che mi trovo d'accordo al non rendere questo tipo di problematiche, qualcosa da risolvere con un approccio duro e sanzionatorio.
Questo vale in generale non solo per l'uso di droghe, ma per le azioni, anche non condivisibili di un gruppo di studenti in protesta, di qualsiasi siano i problemi legati a manifestazioni politiche e sociali come l'uso di droghe, ma anche quelli legati alla povertà senza danno al prossimo quali, l'accattonaggio, ecc...
Perchè questi sono spesso, più che atti lesivi in sè e quindi compiuti da soggetti forti che vanno a creare danni a soggetti deboli, dei modi di comunicare un disagio o un'esigenza, o semplicemente sono così profondamente legati a questi cioè al disagio e al bisogno, e come bisogno, anche quello di contrattazione della realtà esistente, (pensiamo alle occupazioni abitative, ma anche alle richieste sul caro mensa, o alla advocacy per i diritti degli omosessuali ecc...) che non possono essere trattati unicamente come atti razionalmente scelti e quindi evitabili.
La risposta può essere uno studio, una presa in carico, una contrattazione, una mediazione, ma non una sanzione opposta con forza dal corpo di polizia (che non è, come dimostrato più volte, un organo abile nella gestione dei problemi sociali ma è un organo di sicurezza, forza e arma dello Stato) come prima istanza.
Tornando alla questione droghe e non allargando ulteriormente un discorso già complesso, i punti che sono da affrontare sono:
1-
Le droghe,
è un termine generico e tipicamente da fiction televisiva, ovvero da realtà che non affronta la realtà, tutti si stanno tenendo molto cauti sulla questione, tranne
alcuni professori che più realisticamente di altri hanno semplicemente chiamato le droghe in questione con il loro nome, affermando senza problemi che anche i politici nella vita, uno spinello se lo saranno fatto senza che questo meritasse un controllo della polizia.
Droghe è infatti un termine volutamente amplissimo rispetto a quello che si sta descrivendo, che vuole scatenare la paura, l'idea di siringhe e fine delle speranze, o, in quello che si definisce nelle scienze umane, di devianza.
Devianza dalla norma, dalla vita sana, dalla società accettabile; ma nella realtà quando si parla delle cosiddette "droghe leggere", nel loro utilizzo, non necessariamente si parla di devianza.
Perchè l'utilizzo occasionale, scarso di droghe leggere non è semplicemente indice di devianza, può essere ricreativo e non avere alcuna conseguenza ne sullo stato depressivo, ne di isolamento, ne sui rendimenti personali. Le questioni legate alle droghe nel loro insieme, sono molto articolate, spesso utilizzate in termini di campagne politiche e mediatiche, altre semplicemente sono state storicamente limitate per motivi economici. Ancora una volta, legale diventa sinonimo di giusto e illegale di sbagliato, ma non ci si sofferma a rifletterci.
Il tabacco ad esempio è una droga legalizzata, in quanto tale è consumata senza che questo significhi nulla in termine di categorizzazione umana di devianza o pericolo, il suo utilizzo è spesso quotidiano ed estremamente frequente, è accertato che sia dannoso per la salute, ha effetti sul sistema nervoso, provoca astinenza, ma non viene considerato indice di una devianza.
L'alcol, non abitualmente abusato non è considerato indice di devianza, anzi abbiamo Comuni che approvano le attività di vendita di alcolici, in particolare quando di livello più elevato. Viene attribuito a un problema di decoro il fatto di trovare i residui di alcolici (bottiglie rotte) nelle strade, ma curiosamente non viene penalizzato il contenuto. Eppure l'alcol cambia la nostra capacità di guida, causa dipendenza, può comportare comportamenti irresponsabili, a rischio per noi stessi e per gli altri, ed è spesso correlato agli stati di devianza, ma viene in qualche modo, addirittura premiato dalla società come indice di status (entro certi limiti, e di una certa qualità e costo).
Immaginiamo per un secondo lo stesso tipo di comportamento adottato per le droghe leggere, non sarebbe così strano, sarebbe quantomeno coerente, ma immaginato ora, sarebbe buffo.
2 - La percezione del rischio legata alle cosiddette droghe è effettivamente colpa di una cattiva educazione, non solo sui giovani però, ma sugli stessi genitori, quella generazione che magari degli anni '70 - '80 e '90 ha vissuto indirettamente l'ascesa delle droghe leggere e poi l'invasione delle droghe pesanti grazie alle mafie e alla loro crescita economica, le morti di AIDS, le siringhe in strada e ha subito un immaginario fatto di correlazioni sbagliate, di semplificazioni e di terrorismo mediatico, mentre nella realtà, uno spinello e una siringa non sono la stessa cosa, non provocano la stessa dipendenza, non nascono nello stesso clima sociale e non provocano gli stessi danni. Volendo entrare nel dettaglio, nemmeno due siringhe di eroina riempite della stessa eroina, una tagliata e l'altra no, sono già due discorsi diversi; ma non voglio complicare ulteriormente il discorso.
3 - Il dialogo genitori - figli, non si tratta di dare consigli ai genitori, ma di constatare che la scarsa educazione dei "padri" ricade sui figli, l'educazione al dialogo e al confronto tra genitori e figli richiede tempo, conoscenza di sè e dell'altro, come qualsiasi rapporto, ma con la differenza che uno dei due elementi in gioco è responsabile totalmente (o quasi) dell'incolumità e della formazione dell'altro.
Non è affatto banale.
Richiede concentrazione e capacità di osservazione, pazienza e una discreta dose di dedizione, ma anche l'assunzione e la consapevolezza del proprio ruolo. Non è facile, non credo ci sia mai stata però una sola persona che abbia detto che fare il genitore è facile, è fattibile visto che siamo 7 miliardi e più. Ma non facile.
Per un corretto dialogo genitori - figli, servono, a parte le capacità dette prima, che possono essere più o meno presenti, amore e tempo. Già questi due fattori da soli fanno una grossa parte del lavoro, amore per interessarsi seriamente di quello che fa/conosce/vive l'altro e tempo per capirlo e vederlo.
Sappiamo già che soprattutto è il secondo a mancare, in questo, ancora lo Stato, visto che incanala grossa parte degli stipendi in tasse, dovrebbe essere capace di assolvere almeno in parte il problema, attraverso strumenti e servizi di supporto per la conciliazione casa-lavoro. Una questione spinosissima soprattutto con il lavoro sommerso, la crisi economica, la tassazione pesante alle imprese per dipendente e i contratti volatili e incerti di cui il Jobs act non si è reso risolutore.
4 - La scuola, concordo con il parere pubblicato da un professore in una lettera aperta, in seguito ai controlli antidroga a sorpresa vissuti nella propria classe, la scuola è un luogo che per un adolescente, volente o nolente, è casa. Questo vuol dire che è una
sorta di incubatrice, infatti l'istruzione stessa lo rende ancora immaturo, rallenta quel momento in cui sarà solo a procacciarsi il cibo diventando autosufficiente.
La scuola è un luogo che fa da cuscinetto temporale tra la casa e il lavoro futuro, è un luogo dove imparare il confronto, le responsabilità per le proprie azioni, la socialità, spesso anche in modo brutale visto la coercizione della classe. Ma non può essere certo un luogo in cui la polizia irrompe per trovare gli spinelli, perchè dovrebbe essere un luogo dove poter sbagliare senza che questo abbia conseguenze legali, senza che entri lo Stato. Questo sempre tenendo conto che non si tratti di fare un danno fisico a se o ad altri, diverso già è il caso di violenza infatti.
5 - I media, che su questo argomento si dividono in due macrotipi: fiction/serie/film per famiglie, le si riconosce perchè sono quelle dove i personaggi si riferiscono sempre genericamente a droghe senza specificazioni, (normalmente compare uno spinello, che è visivamente accettabile ma non socialmente), chi le usa viene associato a problemi e devianze, famiglie separate, compagnie "cattive", tristezze varie, rabbia e così via; film/telefilm verità o ironici, dove invece lo spinello è parte della socialità, addirittura è quasi un elemento fondamentale, la sigaretta è un intercalare immancabile, quasi una seconda pelle dei personaggi, tutto è vissuto con ironia, quotidianità e spesso è anche legato strettamente allo stile di vita giovanile/universitario o intellettuale/creativo.
Quindi mediaticamente abbiamo da un lato lo scandalo per le droghe, dall'altro l'accreditamento delle droghe leggere come di un passaggio normale e quasi fondamentale della socialità in una determinata fascia di età, spesso anche un momento di relax in età adulta.
Siamo schizofrenici sulla questione, se poi pensiamo a pochi mesi fa quando cioè si paventava l'idea di legalizzare il consumo di Marjuana e vari canali e testate, si faceva pressione su quanto fosse normale il consumo di droghe leggere, sembra impensabile che mesi dopo un ragazzino si suicidi perchè la polizia gli scopre in casa 10 grammi di hashish.
Io mi accorsi che non sarebbe passata la legge sulla legalizzazione,non appieno come tanto reclamizzata, quando a un servizio de "Le iene", che per mesi ci aveva quasi ammorbati sulla bontà della Marjuana come terapeutico, turismo, soluzione come guerra alle mafie ecc... poi se ne era uscita con un servizio su coltivatori in Romania, servizio in cui era andata a "stanare" i delinquenti, gridando alle finestre "ma lei lo sa che vende droga in Italia?".
Lì ho capito che l'aria era cambiata, i media non mentono, ma glissano in modo affatto disinteressato, sono i migliori ratti che fuggono dalla nave in abissamento.
L'ultimo punto che tratto solo ora è:
6 - L'educazione, reale, alle droghe, leggere, pesanti, legali e illegali. Cioè uno studio serio e scientifico, privo delle angosce genitoriali, dei moralismi basati su preconcetti, ma anche sulla errata percezione del "tanto capita agli altri", o dello "smetto quando voglio", sarebbe senz'altro utile, includendo anche da dove vengono, quali commerci vengono utilizzati, come vengono trasportate, con cosa vengono tagliate, gli effetti nel breve e lungo periodo, il grado di dipendenza, le conseguenze in stato di guida, ecc... Un'educazione che andrebbe fatta quando effettivamente il rischio di assunzione indiscriminata può manifestarsi. Insomma si potrebbe affrontare quello che già esiste, ammettendo che esiste e responsabilizzando i soggetti sul loro utilizzo.
7- Infine, lo Stato non può trattare le sue fasce deboli come un corpo estraneo da punire, chi anche fosse effettivamente un drogato nel senso che ne fa un uso costante e ruota la sua esistenza e compie scelte in funzione della sua dipendenza, starebbe soffrendo un disagio, non può essere trattato come un cittadino da sanzionare e in qualche modo allontanare, ma ha il compito anche arduo di recuperarne la consapevolezza, il libero arbitrio e in generale di liberarlo dal bisogno.
Esiste l'errore, esistono le dipendenze, ma la società non vive per escludere chi sbaglia ma per riabilitarlo e reintegrarlo quanto prima, questo significa che tendenzialmente una persona che si considera in atto di autolesionismo, più che punita, va riconosciuta, compresa e riabilitata, questo soprattutto quando effettivamente viene evidenziato in atto di autolesionismo (quindi non solo per preconcetti).
Anche considerando le droghe leggere (che appunto riferendoci a poco tempo fa o ad altri stati occidentali, sappiamo essere un problema molto opinabile) come un problema legato al disagio, e lo considerasse un problema nelle scuole, lo Stato dovrebbe mettere in atto manovre di recupero, conoscenza e gestione.
Tutto questo non è compito della polizia.
E dovrebbe essere lampante, in questi giorni in cui, forse anche un po' in sordina rispetto ad altri eventi, è affiorata è la notizia
dell'indulto amministrativo ai poliziotti che hanno ucciso il 18enne Federico Aldrovandi, nel 2005, di botte, perchè trovato su una panchina a fumare uno spinello e che per le forze dell'ordine in difesa della legalità che lo incrociarono, meritò un pestaggio punitivo così violento e brutale da concludersi con la morte del ragazzo.