mercoledì 21 settembre 2016

C'erano una volta un nero, un rumeno e un'islamica

Quando dico un nero, un uomo di colore, un rumeno o un'islamica, sto descrivendo una persona di cui sto specificando la non appartenenza a ciò che corrisponde ai miei simili e al mio sistema di valori, credenze su me stesso e chi mi sta vicino o ciò in cui mi identifico. 
Questo è il linguaggio giornalistico a cui siamo abituati e ci sembra una cosa perfettamente normale, del resto in questo modo ci facciamo subito un'idea di chi è la persona di cui si sta parlando rispetto a ciò che ci interessa come elemento primario, ovvero se era parte della mia comunità, una minaccia interna o esterna. Nel caso di interna, la considererò più probabilmente come l'atto che è e farò alcuni collegamenti che riguarderanno quante di quelle notizie ho sentito riferite alla zona, se è un pericolo per me o se semplicemente è un fenomeno isolato, in quanto non posso ovviamente fare dell'erba un fascio di ciò che tutto sommato sono anch'io. Nel caso invece fosse una minaccia da ciò che considero esterno a me, la mia comunità e i miei valori tenderò a creare nel mio cervello una stima di quante notizie percepisco relative a quella "categoria" e mi farò un'idea complessiva di quella categoria sulla base di questo, di tutta la categoria, perchè il mio cervello sintetizzerà per definire l'estraneo nel modo a me più utile possibile, per la mia sopravvivenza piuttosto che per avere una preparazione rispetto a ciò che non conosco. Per stabilire chi è definirò se era un bambino, era bianco, era cristiano, era occidentale (che è abbastanza intercambiabile con il tipo di religione), era italiano, era un uomo invece di una donna, era bella o no.


Tendenzialmente queste sono le cerchie di vicinanza principali del nostro sistema giornalistico per definire quello che ci è vicino e quindi quello per cui ci importa di più. Quella delle cerchie è un sistema biologico ovvero è normale che ci importi di più anche se non vorremmo ammetterlo, di qualcosa che concepiamo come simile o vicino a noi, questo perchè il nostro cervello in effetti non è fatto per concepire l'intero globo umano come vicino, altrimenti probabilmente avrebbe dei discreti disturbi, soprattutto in un'epoca in cui sappiamo di tragedie ogni giorno avvenute in ogni parte del mondo. Questo nostro sistema esiste per gli umani e poi si estende al mondo animale, ovvero abbiamo più empatia per i mammiferi che non per gli insetti.

Questo significa in pratica che è normale non sentirsi male o coinvolti allo stesso modo se una tragedia è avvenuta in Africa o in Germania, percepiamo il pericolo e il dramma in modo diverso, ciò che percepiamo come vicino geograficamente, umanamente ci colpisce di più, e sì non è bello, ma è normale a livello istintivo e possiamo ammetterlo con noi stessi e andare avanti cercando di ragionarci.
Allo stesso modo è comune che quando c'è una crisi o un pericolo tendiamo a chiudere il cerchio a ciò che sentiamo vicino e i nostri confini di familiarità si restringono.
Questo però diventa anche sintomatico del nostro modo di percepire anche persone che effettivamente vivono con noi o fanno parte del nostro sistema culturale, e di come non cambiamo il nostro atteggiamento istintivo e questo è evidente da come categorizziamo anche attraverso il sistema dei media che dovrebbe in qualche modo essere in grado di abbattere i nostri modi istintivi di ragionare con la competenza, il ragionamento e il linguaggio, mentre in realtà nei media (italiani) ancora di più si vede quanto in effetti si distanzino da noi gli esseri umani che percepiamo diversi incasellandoli in categorie specifiche anche quando non sarebbe necessario.


Questo lo ammetto è un esempio molto eclatante, è il Giornale quindi insomma sappiamo che è particolarmente di parte, ma centra il punto, e ci permette di vedere diverse strategie manipolatorie per creare un'opinione specifica, vediamo quali:
1- la foto usata è di persone non solo in Niqab ma con un atteggiamento complottistico, si parlano molto vicino come se stessero cospirando e guardano altrove come se stessero parlando di qualcosa fuori da loro di cui non devono farsi sentire, domina il nero a tutta foto
2- l'ovvia definizione de "l'islamica" che vi anticipo ricorre in tutto l'articolo insieme a musulmana, la persona coinvolta, di cui non sappiamo il nome viene poi chiamata donna solo in coda all'articolo
3- il "Ma" tra l'altro in maiuscolo inspiegabilmente (!!!) per definire un punto di rottura inaspettato che ha portato a conclusioni che sorprendono rispetto a come si suppone dovesse andare
4- il contesto, ho voluto tenere tutto perchè mi sembra emblematico inserire qualsiasi articolo che parli di altre religioni in un giornale dove intestazione e fascia laterale sono dedicati a inchieste che titolano "Cristiani sotto tiro" (aaargh)

Non è nello screenshot ma la notizia indica sostanzialmente che una donna in Niquab si presenta in ospedale per un prelievo e principalmente gli anziani si spaventano a morte e iniziano ad aggredirla, gli operatori ospedalieri ovviamente fermano il linciaggio ma secondo il Giornale hanno la colpa di non rispettare la legge e non spogliare la donna del Niquab. 

Umanamente, immaginatevi di trovarvi a difendere una persona in un ospedale perchè aggredita da una piccola folla, se trovereste normale anche obbligarla a spogliarla piuttosto che levarla dalla folla, calmarla, verificarne i documenti e spiegarle che alla prossima non sarebbe il caso di venire in Niquab in ospedale perchè per la legge italiana la cosa non è possibile.

Ora, va ricordato che il Giornale viene letto, cioè non è solo un momento di discussione folkloristica e io non vorrei essere nei panni di chi legge perchè dev'essere una fatica incredibile essere così terrorizzati da tutto ciò che ci sembra diverso in un'epoca di migrazioni.
Ah comunque questo è il link, la notizia è di oggi. 


Nel momento in cui si descrive un altro essere umano come:
"Un nero"
"Un'islamica"
"Un rumeno"
noi altro non stiamo facendo che ridurre il più possibile la persona descritta a ciò che la distanzia da noi, a ciò che ci permette di incasellarla in una categoria di distinzione da noi, si può obiettare che è un modo per sintetizzare ma in realtà si sta usando un doppio standard, noi stiamo precisando che non è uno di noi, non avremmo semplicemente bisogno di dire che è bianco in una notizia dove un bianco cristiano viene ucciso dalla polizia, o ruba in una  tabaccheria, non è necessario, ma un senegalese o un rumeno dobbiamo rimarcarlo, specificarlo, ed è una sorta di allerta involontario, e attenzione perchè nel caso della notizia ormai tristemente usuale della violenza della polizia americana contro chi è fisicamente afroamericano stiamo anche spostando un po' l'attenzione dal problema.

Non è che sia stato ucciso un nero, ma è stato ucciso un uomo e non si sa o già si sa che la sua morte è dovuta al fatto che fosse afroamericano e c'è una parola per questo cioè razzismo, che in un clima di politically correct si ha quasi paura a dire, forse perchè vogliamo illuderci che non esista più, che il momento del razzismo non ci appartiene, noi siamo la generazione occidentale buona quella con le canzoni come New Day di Wyclef Jean feat. Bono, non come quei tizi ignoranti degli anni '50 (e non solo ma lo identifichiamo in quel periodo come se fosse una scatola chiusa con usi e costumi definiti e lontani) in America.



Ma in realtà forse dovremmo ammettere che siamo umani e nemmeno storicamente tanto lontani dai nostri antenati inopportuni, ammettere le nostre falle invece di chiuderci nel perbenismo, questo vale per il razzismo, l'omofobia, il sessismo, curioso discorso a parte si fa con il fascismo, che identifica esattamente il movimento storico ma in termini moderni vogliamo così tanto rifiutarlo come idea di appartenenza che l'atteggiamento moderno di fascismo viene identificato non con il termine fascismo ma senza un termine specifico come antitesi all'antifascismo e definisce un concetto di antidemocrazia e autoritarismo nonchè discriminazione, e non è che serva Mussolini per renderlo reale così come non è che serva il Ku Klux Klan per definire razzismo un trattamento violento dovuto al colore della pelle (e nel caso americano parliamo di persone con un fenotipo diverso che vivono nello stesso posto di chi ha un fenotipo bianco più o meno dalla stessa epoca essendone stato anche vittima per secoli).

Il tipico immaginario Hollywoodiano del razzismo americano, epoca affettata e finita di sessismo e razzismo conclamato che possiamo guardare attraverso un film (bellissimo film) senza sentirci coinvolti direttamente.


A volte abbiamo così tanta paura di quello che siamo o potremmo essere che finiamo per esserlo solo per non doverlo ammettere e affrontare.

Un piccolo esercizio mentale per riconoscere l'umanità degli altri quando ci troviamo davanti a questa situazione è leggere effettivamente i titoli dei giornali, poi gli articoli e chiederci come sarebbero scritti se i soggetti fossero semplicemente bianchi o italiani o uomini (in particolare nelle notizie di violenza sessuale o femminicidio su cui andrà scritto un articolo a parte) o cristiani.


2 commenti:

  1. potevano scrivere "la donna islamica" anziche "l'islamica" ma non potevano tacere l'elemento religioso dato che il niqab è un indumento connotato in senso religioso

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  2. Ciao Paolo, la questione è proprio quella di non ridurre una persona al solo aggettivo non di eliminare l'elemento religioso, quindi la frase può essere semplicemente "la donna, di religione islamica" ti faccio un esempio, nei giornali, se succede un qualsiasi evento in chiesa innanzitutto non si sente la necessità di specificare che le persone coinvolte sono cattoliche, perchè già la chiesa le caratterizza come tali, ha appunto una connotazione di senso come dici, ma se si dovesse specificare per contrapporle a qualcuno di altra religione non vedresti scritto la cattolica, ma la donna, di religione cattolica, sono sottigliezze eh e può sembrare pedante, ma il nostro cervello raffigura sulla base del linguaggio e viceversa, grazie per lo spunto

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