martedì 11 luglio 2017

Sancire i confini - di Ordinanze estive, Alcol, Street Art e Socialità

E' ufficialmente estate.
Non perchè è passato il 21 Giugno, non perchè si stanno accorciando le giornate o perchè è così caldo che le scarpe iniziano a lasciare tracce di se sull'asfalto (o l'asfalto scadente inizia a lasciare tracce di se sulle scarpe).
E' estate perchè fiotte di ordinanze su alcol e musica hanno iniziato a piovere sulle grandi città peggio di un flagello di cavallette.
E' estate perchè al contempo i comuni si accordano con associazioni ed esercenti per creare eventi gratuiti o a pagamento, che di fatto sono oasi alcoliche culturali, ovvero in cui tutto quello che le ordinanze hanno vietato nei luoghi apertamente pubblici e scelti dalla stessa popolazione, quali le piazze, è invece concesso e anzi sospinto.

Torino, Roma e Bologna sono tre casi emblematici (ma non gli unici).


Torino, la sindaca Appendino ha prodotto un'ordinanza anti alcol nelle zone dove i decibel erano più elevati e allo stesso tempo relativi alle zone residenziali. 
Ovvero alcol = rumore = ordinanza.
In un clima italiano che vede porre l'ordine pubblico sempre più in relazione ad un problema di sicurezza anche quando si sta parlando di chiasso notturno (quindi possiamo dire, più in termini mediatici che reali), la polizia ha iniziato ad assumere un ruolo di "controllore" dell'ordine pubblico, sempre più rilevante e in qualche modo sempre più autorizzato ad agire su azioni di tipo civile, con manovre che sarebbero legate al rischio e alla sicurezza. 
Quindi più facilmente violente, meno orientate alla mediazione e in una parola, spropositate.
Su Torino in particolare si è arrivati quindi ad una serie di proteste sfociate in un'unica serata, dove "20 ragazzi dei centri sociali e tutti quelli della movida" hanno iniziato a protestare e prendere in giro i poliziotti che si aggiravano tra i dehors. 
Già la costruzione della notizia, dovrebbe farci capire che chi scrive cerca di imputare colpe a un gruppo specifico, limitando i danni "collaterali" delle cariche, dandoci informazioni che possano darci dei collegamenti mentali allo stereotipo polizia vs centri sociali, di fatto invece chi ha protestato, e qui è da sottolineare protestato a voce, erano banalmente i presenti nei locali e nei dehors, per darvi un'idea di come questa notizia sia riportata, immaginate che ve la si racconti così: 20 immigrati e gli altri presenti, o anche 20 marchigiani e gli altri presenti. Il vostro cervello è fatto per registrare le informazioni salienti e se gli si da un gruppo specifico quello assocerà informazioni al gruppo specifico e non a tutti i presenti. 
Quello che è successo dopo, ossia dopo le prese in giro, è stato un arrivo massivo di polizia in assetto antisommossa che ha distrutto tavoli e picchiato con manganellate chiunque si trovasse nell'area. La polizia, vorrei ricordare, non è una specie di macchina ma un insieme di esseri umani senzienti che dovrebbe proteggere l'ordine pubblico e che in nome dell'ordinanza è stata utilizzata come una macchina cieca e violenta su civili perchè di fatto, bevevano una birra all'aperto, picchiando persone anche in età avanzata, distruggendo oggetti, e questo per degli sberleffi vocali fatti da civili disarmati. 


A Roma il caso è più tragicomico, e attualmente è in vaglio il ricorso al Tar da parte dei commercianti, la sindaca Virginia Raggi ha prodotto un'ordinanza anti alcol ad ampio raggio che, e qui dovrebbe emergere l'assurdità della questione, agisce su tutti i distretti, tutti e 14, eccetto il quindicesimo il proprio. Non credo serva un'analisi per questa notizia.

A Bologna viene invece proibito l'alcol, oltre che in vari punti della città, ma solo comprato dagli alimentari, quindi l'alimentari a una certa ora chiude se ha in vendita alcol da asporto, mentre il bar di fianco può stare aperto a vendere birre e superalcolici a oltranza, (particolare il caso di Coop Ambasciatori che può tranquillamente continuare a vendere alcol in bottiglia da asporto, in pieno centro anche la sera).
Quest'anno, oltre alle già dette ipocrisie, si è aggiunta un'ordinanza speciale nella piazza san Francesco, luogo di ritrovo pubblico restaurato con nuove panche e area verde per socializzare e viversi meglio la piazza proprio nel 2017, in quest'ordinanza vengono  inoltre vietati gli strumenti musicali, nel senso che non è possibile avere appresso strumenti adibiti a musica. 
Gli strumenti musicali possono dare fastidio a chi dorme, peccato che l'ordinanza parta dalle 17 di pomeriggio.
Anche qui, l'ordinanza appare non solo eccessiva ma tragicomica, perchè dalle 17 di pomeriggio non è vietato fare rumore nemmeno negli spazi condominiali, rendendo questa ordinanza, evidentemente uno strumento di controllo volto semplicemente a scremare i frequentanti della piazza limitandone il suo uso come punto di ritrovo a bambini e anziani, e rendendola vuota nelle ore serali e soprattutto a chi realmente la frequenta di più in quelle ore e cioè gli universitari, ma anche tutta la fascia di età che va dai 20 in su, compresa la fascia di età che rientra intorno ai 30 anni, che è poi la più grande frequentatrice della zona Pratello di cui fa parte la piazza.
Al contempo però, vengono patrocinati, creati e promossi eventi, alcuni in aree residenziali dove alcol e musica non solo sono concessi, ma anche favoriti, a pagamento e serviti dai locali e quindi con un ricarico spesso anche alto per il pubblico. 
Per esempio ci sono Botanique, Mercatino verde del mondo, le varie feste dell'unità, e molti altri, ma quello che potrebbe dirsi il più controverso è quello del Guasto Village.
Il Guasto Village è un'area all'interno di via del Guasto, ovvero adiacente e affacciata su piazza Verdi.
Premessa, piazza Verdi è stata pitturata con diversi murales di stampo politico, tutti spontanei e di cui uno, centrale riporta la scritta "Storia partigiana", questo murales è stato tacciato di essere un atto vandalico, al contempo Piazza Verdi viene usata, essendo pedonale, come punto di ritrovo per chi si porta la birra o altre bevande da casa o le compra nei negozi del centro, resta a chiacchierare seduta per terra e poi se ne va. Il Guasto Village è un'area recintata che al proprio interno ospita stand artistici e altri autorizzati dei locali delle vie limitrofe che servono birra in bicchiere a prezzo di locale, dove sono state anche effettuate opere di street art su tutti i muri della via, (ma fatte in accordo con i residenti dall'associazione Serendippo  e non all'interno del progetto Guasto Village),  il tutto sempre all'aperto.



Il Guasto Village è emblematico perchè ha segnato un confine virtuale e fisico completamente arbitrario, tra due frangenti, uno è quello tra la street art buona e il vandalismo e l'altro è quello tra l'alcol buono e quello cattivo. 
Nel caso della street art parliamo di un confine che è stato tracciato a livello mediatico, che ha accomunato e cementato due progetti diversi, uno nato dal basso e uno istituzionale ossia il progetto Rusco di Serendippo frutto di che invece è progettato e creato tra l'Assessora Bruna Gambarelli, associazioni e locali della zona. Questa fusione mediatica ha finito con l'accreditare un progetto non istituzionale inglobandolo come elemento del progetto Guasto Village (anche se non lo è). Il confine tra l'alcol buono ossia quello dei locali e quello cattivo, cioè quello che ci si porta da casa o si prende dall'alimentari etnico che semplicemente costa meno, si porta in giro ed è meno bello da vedere è invece dato direttamente dal fatto che un'istituzione si faccia promotore di un progetto di riqualificazione di area attraverso la vendita di alcol, la stessa azione però viene penalizzata al di fuori dell'area, a pochi metri, e non solo viene penalizzata la sua vendita, ma anche il suo consumo. In pratica se bevi all'interno del Guasto Village, acquisti dai suoi container, nelle modalità e ai suoi costi, l'alcol va bene e anzi è supportato dal Comune (è di qualità, nonostante sia sempre birra, cocktail e vino), se lo porti da casa, lo compri al negozio di alimentari etnico o in ogni caso lo consumi al di fuori dell'area, è talmente sbagliato da essere un atto non solo deprecabile, ma legalmente sanzionabile.
Arrivando a distinguere così nettamente le pratiche di consumo di alcol buone da quelle cattive, ed essendo l'alcol serale un veicolatore sociale (che questo piaccia o no, che questo sia condiviso da tutti o no, è un dato di fatto storico con le sue luci e ombre) questo cambio di pratica ha anche tracciato il confine tra la socialità buona, cioè quella recintata, autorizzata dal comune, e quella cattiva, cioè quella spontanea che spende meno ma si gode i luoghi pubblici.
Si potrebbe dire che se il problema è il rumore o che è la bottiglia lasciata a terra, allora la risposta può essere che la municipale non manca e poco ci vuole a vedere chi si alza lasciando sporcizia o chi, dopo un'orario consentito (mezzanotte, come gli eventi pubblici autorizzati dal comune in aree residenziali) crea disagio a chi dorme nei dintorni.

La questione street art buona e street art cattiva poi è ancora più particolare, questo perchè la street art è stata "adottata" dalle istituzione in epoca estremamente recente, nasce come arte popolare e pubblica, spesso anche come forma di protesta o di arte sociale. 
Quindi quando le istituzioni ci parlano di ordine pubblico, stanno tracciando in realtà confini a elementi della spontaneità urbana di cui si sono appropriati perchè interessanti e che sono nati e diventati interessanti proprio perchè questi confini non c'erano.

Emblematico è sempre a Bologna, anche il caso di Genius Bononiae (anche se non è certo il primo o l'ultimo caso), che dei muri dipinti ne ha fatto una mostra sulla street art, con contributo di Bansky e reazione di Blu, (e non solo )street artist di fama internazionale, che a Bologna, indignato dal veder staccare opere da edifici in demolizione, opere pubbliche, gratuite, destinate a diventare opera chiusa e a pagamento, ha privato l'intera città di Bologna di tutte le proprie. 
O pubbliche o niente.
Dando, anche se spesso frainteso, un contributo molto forte al dibattito sulla proprietà della street art non commissionata, ma anche a quello che definisce street art quella commissionata ma non quella politica e spontanea (vedi piazza verdi), e infine rendendo visibile quanto nel caso specifico della street art (ma non solo) quanto il suo contesto sia parte integrante dell'opera.
Molti murales infatti sono anche dialoghi o elementi emergenti relativi allo specifico contesto urbano in cui sono inseriti, così abbiamo immagini di mostri in ex macellerie, immagini di lotte in centri sociali, di uccelli che spiccano il volo su case popolari, e immagini di lotta partigiana, in una piazza storicamente di conflitto come Piazza Verdi, realizzata senza una istituzione, ma soprattutto con uno sfondo politico conflittuale con le istituzioni, e volta a rappresentare il bisogno di riappropriazione di un immagine storica, che viene inizialmente trattata come imbrattamento, ne viene proposta la cancellazione e infine resta in un impasse simbolico imbarazzante.

Dall'importanza del contesto della street art, allora il parallelismo con il contesto della socialità non è difficile da vedere, socialità intorno a un tavolo ben circoscritto e sancito, con luoghi adatti a gruppi omogenei, orari e confini tra gruppi ben specifici e socialità in un contesto vitale e aperto, dove il confine tra gruppi, suoni, gusti e ceto sono labili come nelle piazze, è uguale o è diverso? 

Cosa ci perdiamo se si svuota l'azione dal suo contesto?
Se prendo l'azione di bere un alcolico con amici e la svuoto del valore che ha ciò che c'è intorno o come questo avviene, allora una piazza e un locale sono solo questioni di costi in cambio magari di una maggiore comodità di seduta. Questa è come sempre, l'ottica dell'economia, il comportamento razionale è bere, parlare, con persone che conosco. 
Il comportamento umano è invece più complesso, meno controllabile, più imprevedibile ma anche molto più ricco e soffre dei confinamenti rigidi.

Qual è il confine?
Il confine allora è sempre più un concetto estetico, e arbitrario, che rapidamente si trasforma in confine fisico, questo vale per l'alcol, vale per la street art e vale in particolare per la socialità.

L'alcol di classe con birre artigianali, vino esportato a livello internazionale dalle "nostre aziende", acquistato a caro prezzo o anche solo in luoghi accettabili è buono e anzi è ampiamente rivendicato nelle eccellenze italiane, nei fondi comunali dati per nuovi locali di qualità.
L'alcol comprato alla Pam e portato in giro in uno zaino, non è diverso, ma di diverso ha che rispecchia un'immagine povera, bevuto pubblicamente in piazza, senza un bicchiere, seduti per terra, è esteticamente meno attraente, ma più accessibile, anche molto più conviviale del comprarsi ognuno il proprio bicchiere, e soprattutto è molto meno controllabile e prevedibile di un locale, che ha orari fissi, tavoli, sedie, confini fisici e mentali.
Ma, e qui è il punto quando parliamo anche di attività molto belle ma gestite, una socialità spontanea è molto meno controllabile di un'associazione o più associazioni. 
Con questo non sto dicendo che le associazioni fanno brutti eventi o non fanno attività di rilievo sociale, ma non va dimenticato che le associazioni sono dei responsabili formali e diretti di eventi dove i responsabili fisici sono invece moltitudine, sono ricattabili, dai comuni e in generale dalle istituzioni, dai quali dipende la loro sopravvivenza, spesso lo spazio in cui si trovano non è fisso, devono presentare un bilancio di attività, vivono di concorrenza agguerrita per l'accesso ai fondi e hanno una spada di damocle sulla testa ogni volta che il loro bando per eventi/luoghi/fondi è in scadenza.
Un evento fatto da associazioni, per quanto carino possa essere, è il luogo con il massimo livello di controllo su chi gestisce e chi vi partecipa.

Il punto quindi è cosa è bello, cosa è sicuro, cosa è l'immagine di benessere o cosa è controllabile?

Il punto è, se c'è un problema, come il rumore, il vetro lasciato in giro, perchè non vengono attuate le sanzioni a chi infrange il buon vivere condiviso invece che vietare delle pratiche di socialità che lasciano liberi anche chi non può spendere ma soprattutto lasciano liberi tutti di scambiarsi, fluire e creare effettivamente socialità condivisa?
Più una città è vitale, più i tipi di persone/orari/età/attività che abitano i suoi luoghi saranno diversificati e non necessariamente senza conflitto, ma quantomeno avranno la possibilità di avere scambi.
Più una città è invece omogenea, costretta ad adeguarsi alle abitudini e alle vedute di pochi, più sarà controllabile e più difficilmente si creeranno connessioni interessanti.
Spesso questo confondere l'attività in cui le persone si muovono e si intrattengono, con la capacità delle attività di produrre socialità, porta a scelte discutibili ma apparentemente vincenti, apparentemente perchè a livello visivo, contiamo i numeri di chi partecipa, parlo di progetti di intrattenimento culturale, anche di forte interesse e che spesso hanno un valore sociale, che però, in realtà, sono attività di intrattenimento e di fatto, finiscono con l'essere consumo.
Il consumo culturale abbraccia le attività, come le serate organizzate, il commissionare eventi ludici ad associazioni e comitati, ma abbraccia anche l'alcol quando lo si eleva a elemento che richiede "cultura" quali le birre artigianali, e persino la street art, quella commissionata (quindi una cultura creata con lo scopo specifico di decorare ed essere gradevole da fruire) diversa da quella spontanea, ossia una cultura che (possa piacere o meno) esprime qualcosa e nasce da un bisogno spontaneo, spesso da esigenze di comunicazione ed espressione politica, turba, rompe equilibri silenziosi, e quindi interagisce con i passanti, instaura un dialogo, non viene goduta, ma dice qualcosa, legato a gruppi sconosciuti, sottoculture, piuttosto che al suo semplice contesto.


Questa confusione tra fruizione di beni culturali e produzione di dialogo attraverso la cultura piuttosto che i luoghi, si rispecchia poi nella socialità, la socialità che fruisce di eventi dove è ben netto il "consumatore" e il "venditore" che si distingue da quella socialità scomoda e imprevedibile che reagisce a stimoli, si mischia, si ricrea da sola e perde i propri confini di gruppo, scambia.

In Italia, in estate, questo scambio esiste da sempre, nelle piazze.
Dai film di Totò ad oggi, la piazza mattina e sera è pubblica, aperta, condivisa, contesa.

Su Bologna, Arte Migrante sta lanciando una protesta civile, piccola, pacifica e condivisa proprio come una serata in piazza san Francesco, c'è da chiedersi se arriverà la polizia in assetto anti sommossa o se arriveranno solo vigili urbani a staccare multe.

Abbiamo infatti parlato di sicurezza, abbiamo parlato di estetica, abbiamo parlato di confini e di controllo sociale, ma mancava l'ultimo pezzo del puzzle per raccontare le ordinanze estive, i soldi.
Infatti soldi è l'altro elemento chiave, obbligare le persone a consumare la socialità in luoghi ascritti, piuttosto che crearla in modo meno strutturato è anche obbligare a spendere, questo fa girare l'economia locale, molto più di una birra dalla Pam o dall'alimentari etnico, (soprattutto per gli italiani) e se non si rispetta, il comune sancisce, con multe anche molto salate, assolutamente non proporzionate al reato (si va dai 100 euro in su mentre una multa per sosta in posto destinato ai disabili è sotto i 100 euro), in ogni caso, le istituzioni hanno un ritorno economico.

C'è chi parla di risparmio ma in realtà non si può dire che spendano meno in forze dell'ordine, perchè se prima dovevano controllare (ma inspiegabilmente non lo facevano) che nessuno sporcasse o schiamazzasse oltre determinati orari, ora da molto prima dovrebbero occuparsi di fermare chiunque beva, abbia una bottiglia in mano o abbia strumenti musicali.
Il costo delle pattuglie è uguale se non più alto, solo che invece di punire chi sgarra si insegna che tutto sommato non interessa chi sbaglia, il comune può assumere un ruolo punitivo anche verso chi non infrangeva le norme di comportamento civile. In effetti si percepisce che non solo si punisce anche chi aveva un comportamento civile (che non dimentichiamolo, sono la maggioranza), ma interessa mantenere alto il livello di controllo e questo si fa svuotando le piazze, a prescindere dal fatto che questo comporterà il blocco di interi processi di socialità in luoghi storicamente adibiti a questo, che non sono certo devianti e a dirla tutta nemmeno moderni.
Quello che resta di quest'analisi generale sulle ordinanze estive è che c'è una discrepanza sempre più forte tra  le azioni di sanzionatorie e quelli che vengono sbandierati come gli obiettivi di tali azioni, elementi ormai scollegati e che portano a far emergere più una volontà di controllo sociale che una volontà di correggere i comportamenti problematici.
E a questo punto c'è chiedersi se un comune può avere il diritto di modificare radicalmente la vita dei cittadini, rompendone equilibri e potenziale sociale, dividendo i gruppi, favorendo al contempo chi ha più interessi economici nella socialità urbana, ed evitando di mettere in pratica le norme più sensate volte a limitare i comportamenti devianti ma allo stesso tempo mantenere quelli di valore.

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